Patto tra clan Fezza-De Vivo e Giugliano tra l’Agro e Poggiomarino: condanne per 130 anni
Nove condanne e 4 assoluzioni nel processo bis per gli esponenti del clan Fezza/DeVivo/Giugliano che a giugno dello scorso avevano incassato 162 anni di reclusione. Assolti Giuseppe De Vivo classe 1987, Aniello D’Auria, Solferino Tiano e il commercialista Bruno Tagliamonte. Tra riforma e conferma agli imputati vengono comminati quasi 130 anni di reclusione. Sentenza riformata a carico di Emanuele Amarante (10 anni e 9 mesi di reclusione), Giuseppe Attianese (10 anni e 10 mesi), Daniele Confessore (22 anni e 8 mesi), Andrea De Vivo (24 anni e 2 mesi), Francesco Fezza (24 anni) e Nicola Francese (12 anni e mezzo). Condanna confermata per Alfonso Marrazzo (4 anni e 8 mesi) imprenditore titolare della Pedema, la ditta ritenuta vicina al clan, per Giuseppe De Vivo (classe 1979) che sconterà 10 anni e Gennaro Marra di Pompei (10 anni). Lo ha deciso il collegio dell’Appello dopo la sentenza di primo grado emessa a Nocera Inferiore nel giugno 2024. Il blitz è quello di fine 2022 quando furono colpiti i clan “Fezza-De Vivo” di Pagani e “Giugliano” di Poggiomarino detto “il minorenne”. La cosca paganese, guidata da Francesco Fezza e Andrea De Vivo, dopo aver estromesso Antonio Petrosino D’Auria – anche lui storico appartenente alla consorteria criminale della città di Sant’Alfonso -, aveva mantenuto il predominio assoluto sul territorio di Pagani e in buona parte dell’Agro Nocerino Sarnese, controllando il mercato degli stupefacenti, imponendosi con richieste estorsive e riuscendo ad infiltrarsi nell’economia legale in settori particolarmente delicati.
Particolarmente pervasiva sarebbe proprio l’attività posta in essere al fine di inserirsi nel sistema economico. Emblematico per la pubblica accusa quanto avvenuto a partire dal mese di maggio 2020, in corrispondenza del periodo successivo al al primo “lockdown”, quando il clan avrebbe imposto nel settore delle sanificazioni la cooperativa Pedema, società gestita da Alfonso Marrazzo e controllata dai vertici del sodalizio. In una circostanza ci sarebbe stato anche un pestaggio nei confronti di un imprenditore concorrente. Per la procura di Salerno almeno fino al 2020 a Pagani era attiva un’associazione finalizzata al narcotraffico al cui vertice vi erano Andrea De Vivo, Francesco Fezza e Daniele Confessore che inizialmente riforniva, con particolare frequenza, di ingenti quantitativi di droga diversi pusher presenti sul territorio, imponendo loro i prezzi e ricorrendo ad atti di violenza ed a minacce di gravi ritorsioni, per ottenere dai debitori il puntuale pagamento dei corrispettivi dovuti. Questo è quanto scrivevano i giudici del III Collegio del Tribunale di Nocera Inferiore, nelle motivazioni della sentenza contro il cartello paganese.
La sentenza di primo grado aveva messo nero su bianco gli affari illeciti del clan con attività che arrivavano alle estorsioni e a minacce di morte a un imprenditore se non avesse versato una maxi tangente. Illeciti che arrivavano fino al business sulle sanificazioni Covid. Quindi l’alleanza con il neo pentito Giugliano ‘o minorenne. per i giudici è ampiamente dimostrato che i due gruppi erano strettamente collegati quantomeno dal novembre del 2020; tale collegamento era evidentemente funzionale ad incrementare la loro capacità intimidatoria e di assoggettamento, con conseguente costrizione degli appartenenti alle comunità interessate a tenere un contegno omertoso. Ora la sentenza bis, 60 giorni per le motivazioni prima della Cassazione.


