«Non erano terroristi», ora quattro nordafricani chiedono due milioni all’Italia
Napoli. Avevano tutti il permesso di soggiorno, lavoravano per sostenere le rispettive famiglie e vennero espulsi dall’Italia nel luglio 2022 con un’accusa di terrorismo che il tribunale di Perugia ha ritenuto insussistente: ora chiedono allo Stato italiano un risarcimento da due milioni di euro.
A intraprendere l’iniziativa sono quattro nordafricani che, a causa di una accusa rivelatasi infondata, sono stati costretti ad abbandonare le loro famiglie, mogli e figli minorenni, che dall’oggi al domani sono rimasti senza alcun sostentamento.
Tutti erano titolari di una carta di soggiorno, lavoravano grazie a un contratto di lavoro a tempo indeterminato ed erano genitori di figli minorenni nati in Italia quando, a causa di quelle ipotesi di reato, venne loro revocato il permesso di soggiorno e furono sottoposti a un rimpatrio coatto.
Nella richiesta che l’avvocato Hilarry Sedu, legale dei quattro nordafricani – tre marocchini (due di 39 anni e uno di 57) e un tunisino (di 47) – insieme con il collega Eduardo Cante, ha inviato tra gli altri al Ministero dell’Interno, viene sottolineato che questo grave errore “ha cagionato gravissimi danni, patrimoniali e non patrimoniali” a loro e, soprattutto, “alle loro famiglie le quali dipendevano dai redditi di ciascuno” degli indagati.
“Lo Stato deve riconoscere e ammettere quando sbaglia – sottolinea l’avvocato Hilarry Sedu – e deve ripristinare le sofferenze dei minori ai quali ha strappato dei genitori già integrati nel contesto sociale italiano, deve far sì che questi minori non crescano con il risentimento nei confronti della bandiera italiana perché non vogliamo che si ripetano le tragedie delle banlieue francesi”. Le mogli dei quattro immigrati – El Arbi, Abdelkrim, Mohamed e Souflane – si sono dovute rimboccare le maniche e in questi anni hanno sostenuto non solo i bisogni dei loro figli ma anche i loro mariti tornati in patria.
“Gli esiti delle indagini non consentono di prospettare fondatamente l’esercizio dell’azione penale rispetto a nessuna delle fattispecie per cui si procede”, scrive il gip di Perugia Valerio d’Andria, “sebbene sia stata documentata l’adesione di alcuni degli indagati ad un contesto ideologico di islamismo radicale, non sono emersi contatti con una rete terroristica, né è emersa la concreta offensività degli scritti a loro riferibili e pubblicati in rete (sui social)”.
Il giudice ha disposto l’archiviazione del procedimento a carico dei quattro immigrati il 6 febbraio 2023 perché “gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna”. Agli indagati venivano contestati i reati di partecipazione e associazione terroristica e istigazione a delinquere.
Dall’inchiesta, però, svolta attraverso intercettazioni telefoniche, perquisizioni e analisi dei post pubblicati dagli stranieri sui social network, per il gip, non è possibile “prospettare fondatamente l’esercizio dell’azione penale rispetto a nessuna delle fattispecie (di reato) per cui si procede”. Oltre all’indennizzo milionario i quattro immigrati chiedono la revoca del provvedimento nei loro confronti e la cancellazione dal sistema d’informazione Schengen (Sis) dei dati che ne impediscono il rientro nell’area.

