Donna senza volto, storie senza pace: l’urlo muto di Kiefer a villa Rufolo
Nel 2020 fu William Kentridge, con la sua More Sweetly Play the Dance ospitata negli antichi Arsenali di Amalfi, a riportare l’arte contemporanea sul palcoscenico millenario della Costiera. Oggi è Anselm Kiefer a raccoglierne il testimone, portando le sue Donne dell’Antichità a Villa Rufolo, a Ravello. Due artisti radicali, due visioni del mondo profondamente diverse, eppure uniti da una stessa regia invisibile: Lia Rumma. Gallerista, mecenate, tessitrice di visioni, Lia è ancora oggi la forza motrice di un processo che cerca di rompere l’incantesimo oleografico in cui è imprigionata la Costiera Amalfitana, tra limoni e tramonti, restituendole una profondità culturale che va oltre la cartolina. Perché sì, la Costiera è bellezza e luce, ma è anche un luogo fragile, che troppo spesso sembra impermeabile alle sfide del contemporaneo. Eppure, è proprio quando l’arte arriva al momento giusto, nel posto giusto, che diventa necessaria. Fondamentale. Come adesso. Pochi giorni fa, Ravello è salita alla ribalta della cronaca per un episodio che spezza il fiato: una turista americana di soli 15 anni è stata vittima di violenza sessuale all’interno della struttura ricettiva dove soggiornava con la famiglia. Un orrore che lacera il tessuto dell’ospitalità, che spezza l’illusione della vacanza sicura, che ci obbliga a interrogarci – ancora e sempre – su che società vogliamo essere. È in questo contesto che le opere di Kiefer, con la loro brutalità simbolica e la loro densità poetica, arrivano come fenditure nella superficie. A ricordarci che l’arte non consola, ma scuote. No n lenisce, ma denuncia. Non cancella, ma riattiva la memoria collettiva. Kiefer: la donna come archetipo e trauma La mostra “Le Donne dell’Antichità” è promossa dalla Fondazione Ravello che per la prima volta in assoluto inaugura uno dei più celebri festival italiani dedicati alla musica con l’Arte contemporanea. Non sorprende che questa traccia della ricerca delle radici del mito congiunga in maniera così organica proprio la Germania, patria dell’idealismo e del romanticismo, la Grecia, patria del teatro occidentale, del mito e della melancolia e l’Italia magno-greca e romana. Le protagoniste sono figure femminili tratte dal mito e dalla storia – Arria, Tusnelda, Apollodors – ma Kiefer le svuota del volto, le irrigidisce nel gesso, le avvolge in abiti-cenotafio, le trasfigura in presenza metastorica. Corpi senza identità individuale, ma carichi di senso simbolico, archetipico, universale: un viaggio nella materia della storia, nel piombo della conoscenza, nelle crepe della narrazione patriarcale. Ogni opera è una soglia. Un varco. Un punto di frizione tra ciò che ricordiamo e ciò che rimuoviamo. Nelle vetrine dell’artista – scrigni di piombo, cenere e vetro – si sedimentano tracce della storia umana e della violenza strutturale che l’ha attraversata. “Paetus, non dolet” è il monito inciso nel gesto suicida di Arria, che si trafigge per spronare il marito a fare altrettanto. Ma in questa mostra, il gesto non è celebrato come eroismo. È messo in crisi. Interrogato. Frantumato. In Apollodors Liste, una lunga bobina di piombo si srotola come una lingua morta, disseminata di fotografie di rovine: il tempo si stratifica, il mito si sgretola, la storia ritorna sotto forma di fantasma. Villa Rufolo come teatro del tempo L’allestimento si sviluppa negli ambienti di Villa Rufolo – le logge, le stanze, i giardini – in un dialogo costante tra opere e architettura. Lì dove Wagner sognava scenografie wagneriane, Kiefer costruisce un contro-teatro del potere, della memoria, dell’identità. I materiali – piombo, cemento, libri bruciati, fili spinati – raccontano di una materia che pesa, che resta, che corrode. Eppure, è proprio in questa rovina che si apre lo spiraglio di un possibile riscatto. Le donne evocate da Kiefer non sono muse né madonne. Sono testimoni. Sono madri ancestrali, vittime sacrificali, guerriere dimenticate. Non parlano, ma pesano. Non agiscono, ma resistono. E così facendo ci costringono a guardarle. A sentirle. A farci carico della loro presenza. Lia Rumma: una presenza che genera futuro Non è un caso che tutto questo accada qui, oggi, grazie a una figura come Lia Rumma. La sua visione ha radici profonde, che affondano nella storia delle avanguardie italiane e nella sua alleanza, personale e professionale, con artisti come Kiefer, Kentridge, Celant. Ma è anche una visione che guarda avanti, che non si accontenta della celebrazione del passato, che non ha paura del conflitto, del non detto, dell’inquietudine. Portare Kiefer a Ravello non è solo un’operazione curatoriale. È un gesto politico. È un invito alla riflessione. È un tentativo di rompere l’autoreferenzialità turistica per costruire, invece, uno spazio in cui la bellezza e il trauma possano coesistere. Dove l’arte contemporanea non sia un vezzo elitario, ma uno strumento di consapevolezza. La Costiera che non ti aspetti Kiefer, come Kentridge prima di lui, ci ricorda che la Costiera Amalfitana può essere altro. Che può essere il luogo in cui il Nord e il Sud d’Europa si incontrano non solo per inseguire il sogno romantico del Mediterraneo, ma per mettere in discussione le proprie certezze. Che può essere lo spazio dove l’antico e il contemporaneo dialogano senza paura. Che può – deve – essere anche il teatro della domanda, della lotta, del cambiamento. Le Donne dell’Antichità è una mostra che non ti accarezza. Ti sfida. Ti disarma. Ti chiede di scegliere da che parte stare. E se vogliamo ancora giocare con gli echi della memoria, non possiamo che ricordare quando la storia dell’arte cambiò il proprio corso proprio con Lia e Marcello Rumma nei tre giorni di Amalfi, nel 1968, quando la mostra “Arte povera + Azioni povere” formulò definitivamente la rilevanza universale dell’Arte povera. A riprova del groviglio energetico di questi luoghi che deflagrano non appena qualcuno predisponga un innesco. Forse abbiamo bisogno proprio di questo: di opere che non si lascino fotografare con leggerezza, ma che ti guardino dentro. Che ti chiedano: cosa stai facendo per cambiare il mondo Villa Rufolo, Ravello – “Le Donne dell’Antichità” di Anselm Kiefer, a cura della Fondazione Ravello in collaborazione con la Galleria Lia Rumma, è visitabile fino al 26 agosto 2025 (ingresso incluso nel biglietto della Villa, 8 euro intero). Una mostra da vedere, sì. Ma soprattutto da ascoltare.


