Dal sogno del fiume Dragone all’abbandono: a Torre del Greco le Cento Fontane tornano nel degrado
Torre del Greco. Il «sogno di mezza estate» di trasformare finalmente il monumento-simbolo della zona porto di Torre del Greco in un polo di interesse turistico è durato meno di tre mesi. Ovvero, il tempo trascorso dalla suggestiva scoperta di un corso d’acqua sotto le storiche Cento Fontane – scoperta inizialmente collegata, perfino dal sindaco Luigi Mennella, al leggendario fiume Dragone – all’inesorabile ritorno a una «normalità» caratterizzata da degrado e abbandono. Sì, perché una volta spenti i riflettori (e gli entusiasmi) sul fantomatico ritorno del fiume Dragone, i progetti di rilancio delle Cento Fontane sono nuovamente finiti in qualche polveroso cassetto di palazzo Baronale.
Il ritorno al passato
Oggi il monumento-simbolo della zona porto è stato trasformato, ancora una volta, in un «manifesto dell’incuria». Le sgangherate transenne dell’area di cantiere istituita all’epoca dei saggi geologici in zona non sono state sufficienti a fermare vandali e incivili. A giorni alterni si registrano sversamenti di ogni tipo, mentre le erbacce crescono rigogliose lungo le scale d’accesso al sito in uno scenario a tratti allucinante.
Le indagini e il silenzio
Le indagini geotecniche avviate agli inizi di maggio – annunciate dal sindaco Luigi Mennella come il primo passo verso la valorizzazione – si sono immediatamente arenate. Dopo i primi test dell’acqua che avevano escluso fughe dalle condotte idriche e alimentato l’ipotesi della risalita della falda del leggendario fiume Dragone, ogni forma di entusiasmo si è spenta nel silenzio: la suggestione si è lentamente dissolta come i video di improvvisati tik-toker, poi archiviati. Lo stato attuale delle Cento Fontane è emblematico: erbacce invadono le gradinate, le vasche sono sporche e, in alcuni punti, sono ammassati i resti degli scavi di inizio aprile. I principali accessi sono ridotti a cumuli di rifiuti. Le infrastrutture transennate, anziché essere presidiate, fungono da invisibili cartelli al degrado: una recinzione inutile attorno a un sito che cade a pezzi sotto gli occhi della città. Quel che resta del piano di riqualificazione lanciato a inizio aprile è il classico «intervento spot» seguito da un prolungato stallo burocratico: nessuna opera di consolidamento, nessun restauro conservativo né manutenzione programmata. Così la memoria storica del sito – risalente al XVIII secolo e alla figura di bon Gaetano De Bottis – viene nuovamente oltraggiata, mentre il simbolo della zona porto giace in un angolo è ridotto, ancora una volta, a un letamaio a cielo aperto.
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