Spiagge deserte, il Codacons accusa: «I titolari dei lidi facciano un esame di coscienza»
I lidi privati battono cassa. Dal Nord al Sud, infatti, i numeri ai gestori degli stabilimenti non tornano. Spiagge vuote, poche prenotazioni e tante persone che vogliono entrare per far il bagno senza essere sottoposte al salasso economico. Si spiega anche così, ad esempio, il boom delle spiagge libere: a Castellammare, ad esempio, con l’apertura del litorale sul lungomare ogni giorno si riversano centinaia di persone per godere una giornata di mare a costi molti bassi e contenuti. Una giornata al mare, compresa anche di caffe, può costare al massimo dieci euro. Una cifra che raffrontata ai cinquanta che chiede un lido medio della zona di Pozzano o della penisola sorrentina, ad esempio, fa capire come funziona l’affare delle spiagge private.
I consumatori. “Negli ultimi giorni alcune testate giornalistiche italiane hanno alimentato un caso mediatico sul presunto “caro spiaggia”, sostenendo che i prezzi applicati dagli stabilimenti balneari sarebbero così elevati da impedire a molte famiglie di trascorrere le proprie vacanze al mare”. Lo dice Assobalneari Italia, che “ritiene necessario chiarire che questa rappresentazione non corrisponde alla realtà. Il sistema balneare italiano è estremamente diversificato e offre soluzioni per tutte le tasche, con tariffe e servizi proporzionati alle diverse esigenze del pubblico, esattamente come accade nel settore alberghiero o in quello dei campeggi”. “Il turista – sottolinea Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari Italia-Federturismo Confindustria – può scegliere tra stabilimenti con servizi essenziali e strutture più attrezzate, in località e contesti differenti, modulando la spesa in base alle proprie possibilità. Pertanto, imputare il calo di presenze esclusivamente a tariffe ‘insostenibili’ non riflette la reale complessità del fenomeno”. “Le cause di questo calo di presenze sono invece – nell’analisi di Licordari – da ricercare nella grave crisi economica che attanaglia le famiglie italiane. L’aumento del costo della vita – bollette, carburanti, affitti e spesa alimentare – ha ridotto in maniera significativa il potere di acquisto. In molti casi, anche con due redditi familiari, le risorse disponibili non consentono di dedicarsi alle vacanze come in passato, portando a scelte di risparmio che penalizzano il turismo, in particolare nei giorni feriali”. E secondo il presidente “non è corretto scaricare sulle imprese balneari italiane, spesso vituperate e prese di mira da alcuni media non obiettivi, la responsabilità di quanto sta avvenendo. Il danno non è solo per il comparto balneare, ma per tutte le economie delle comunità costiere italiane, che vivono del flusso turistico e vedono oggi diminuire presenze e consumi”. Per Assobalneari “l’immagine di spiagge italiane “inavvicinabili” sta arrecando un grave danno non solo agli imprenditori balneari, ma a tutto il comparto turistico costiero. Sempre più media internazionali riprendono questa narrazione, con una ricaduta negativa che rischia di disincentivare i visitatori stranieri e compromettere la reputazione del nostro Paese come meta balneare di eccellenza”. Assobalneari Italia invita perciò i media “a un’informazione equilibrata e fondata sui dati reali, evitando generalizzazioni che finiscono per colpire un intero settore economico, fatto di migliaia di imprese familiari che garantiscono occupazione e servizi di qualità lungo tutte le coste italiane. È il momento di sostenere, non danneggiare, l’economia turistica del Paese”. “Invece di attaccare le testate giornalistiche che affrontano il problema, i balneari dovrebbero fare un serio esame di coscienza e maggiore autocritica, evitando di utilizzare la scusante del caro-vita come giustificazione al calo delle presenze in spiaggia e preoccupandosi invece di ridurre le tariffe al pubblico”. Lo afferma il Codacons, replicando alle osservazioni di Assobalneari. “Condividiamo – dicono – l’affermazione dell’associazione di settore secondo cui esistono in Italia stabilimenti per tutte le tasche: i prezzi sono molto diversificati sul territorio e dipendendo dal livello dello stabilimento, dall’ubicazione e dai servizi offerti. Quello che però i balneari non dicono è che tutti i lidi, negli ultimi anni, hanno ritoccato al rialzo i propri listini al pubblico, prima con la scusa del Covid, poi a causa del caro-bollette. Aumenti applicati in modo indiscriminato in un momento di emergenza e di aggravio di costi in capo alle imprese del settore che non sono più rientrati, portando alla paradossale situazione odierna” denuncia il Codacons. In base ai dati dell’Istat – ricorda l’associazione – i prezzi dei servizi ricreativi, che includono proprio stabilimenti balneari e piscine, hanno subito tra il 2019 ed oggi un incremento del +32,7%, proprio perché tutti gli operatori del settore hanno ritoccato continuamente i listini negli ultimi 6 anni. Utilizzare la scusa del caro-vita per non fare autocritica e non ammettere i rincari, non aiuterà certo a far tornare i cittadini sulle spiagge.“Per affrontare il problema, semmai, occorre partire da una reale riduzione delle tariffe praticate al pubblico dai lidi italiani” chiude il Codacons. “’Lo sfollamento degli stabilimenti balneari italiani è da attribuire ai rincari e alle politiche tariffarie folli adottate dai gestori dei lidi’’. Lo afferma Assoutenti, commentando l’allarme lanciato da Assobaneari. ‘’Dal Covid in poi i prezzi praticati dai lidi italiani per i servizi offerti ai bagnanti sono saliti costantemente, al punto che per trascorrere una giornata in spiaggia affittando un ombrellone e due lettini la spesa media supera oramai i 32 euro, che arrivano a 90 euro a Gallipoli e toccano i 120 euro in alcune località della Sardegna’’, spiega il presidente Gabriele Melluso. ‘’Ad aumentare sono stati anche i prezzi di consumazioni e servizi accessori presso gli stabilimenti (parcheggi, bevande, gelati, snack, noleggio pedalò, kayak, ecc.), e la conseguenza naturale di tale stato di cose è stato un progressivo allontanamento dei cittadini dai lidi”, sottolinea il presidente. ‘’Dopo i rincari legati alla pandemia e al caro-bollette, i listini non sono stati ribassati, pur in assenza di condizioni che li giustificassero. I rialzi sono una scelta folle di cui ora gli operatori si ritrovano a pagare il prezzo’’ conclude Assoutenti sul caso.

