Coldiretti e Codacons allarme sui dazi: «Automotive e alimenti, stangata per l’Italia»
“Se la riduzione dei dazi sull’automotive rappresenta una buona notizia per il Sistema Paese, le tariffe al 15% sui prodotti agroalimentari italiani senza alcuna esenzione rischiano di far perdere oltre 1 miliardo di euro alla filiera del cibo Made in Italy, con vino, olio, pasta e comparto suinicolo tra i settori più colpiti, confermando come sia sempre l’agricoltura a essere sacrificata”. È quanto affermano Coldiretti e Filiera Italia, sulla base di dati del Centro Studi Divulga, in merito alla dichiarazione congiunta Ue-Usa che formalizza l’accordo-quadro raggiunto a fine luglio in Scozia. “La pubblicazione dell’accordo conferma lo squilibrio di una trattativa – che avevamo già denunciato – decisamente a favore degli Stati Uniti rispetto all’Europa – spiega Coldiretti -. Occorre proseguire il negoziato per ottenere l’esclusione dei prodotti agroalimentari di eccellenza dalla lista dei dazi, risultato che ci aspettavamo almeno per il vino e che invece non è arrivato e ogni giorno in più che passa in questo modo si lascia spazio ad altri Paesi per un mercato, quello vinicolo, che storicamente ci appartiene”. Secondo Coldiretti, “è necessario garantire sostegni economici alle filiere più colpite, che già si trovano in grande difficoltà. Non è accettabile che il settore agroalimentare continui a essere il più penalizzato da una conduzione delle trattative troppo remissiva da parte della Commissione Ue, che si somma peraltro al taglio senza precedenti delle risorse destinate all’agricoltura proposto dallo stesso esecutivo nel prossimo bilancio comunitario. Allo stesso tempo va assicurato il rispetto dei rigidi standard di sicurezza alimentare europei, senza pericolosi passi indietro sulla tutela della salute dei cittadini. Ci vuole chiarezza, ribadiscono Coldiretti e Filiera Italia, sulle intenzioni rispetto all’ingresso dei prodotti dagli Stati Uniti: non possiamo accettare di aprire ai cibi che non siano prodotti con gli stessi standard di qualità e sicurezza alimentare”. Gli Stati Uniti rappresentano il principale mercato extra-Ue per l’agroalimentare italiano, con un valore che nel 2024 ha sfiorato gli 8 miliardi di euro. Il prodotto più colpito sarà il vino, prima voce dell’export, che subirà dazi per un impatto di oltre 290 milioni, cifra che rischia di salire ulteriormente in base all’andamento del dollaro. Subito dopo c’è l’olio extravergine di oliva, dove i dazi porteranno un costo aggiuntivo superiore a 140 milioni. Colpita anche la pasta di semola, con quasi 74 milioni di euro in più. Stabili invece i formaggi, già gravati da dazi tra il 10% e il 15%. A preoccupare le imprese, spiegano Coldiretti e Filiera Italia, è il trend registrato nei primi tre mesi di applicazione dei dazi aggiuntivi al 10%, che hanno inciso negativamente sull’export agroalimentare italiano verso gli Usa. A giugno le vendite di cibo Made in Italy in America hanno segnato un calo del 2,9% in valore, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat del commercio estero. È il primo calo mensile dell’agroalimentare negli Stati Uniti dal settembre 2023, in controtendenza con il dato generale dell’export italiano in Usa, cresciuto a giugno del 10,3%. Dopo un primo trimestre dell’anno in cui le esportazioni agroalimentari negli States erano cresciute in media dell’11% in valore, nei tre mesi di applicazione dei dazi aggiuntivi al 10% si è passati al +1,3% di aprile e al +0,4% di maggio, fino ad arrivare al calo di giugno. A pesare è stata l’incertezza degli importatori sulle mosse della strategia del presidente Usa Trump, oltre al fatto che le nuove tariffe si sono sommate a quelle già esistenti, penalizzando in particolare alcune filiere cardine.
Il Codacons. L’accordo sui dazi siglato tra Stati Uniti e Unione Europea potrebbe tradursi, a regime, in un incremento significativo dei prezzi al dettaglio in Italia, con un rischio stangata fino a 4,2 miliardi di euro sulla spesa delle famiglie secondo il Codacons. Secondo le proiezioni elaborate dal Codacons, le minori esportazioni delle imprese italiane ed europee verso gli USA – se non compensate da un aumento dell’export verso Paesi terzi – determineranno una contrazione dei profitti per miliardi di euro. Una riduzione che costringerà molti produttori ad alzare i listini nei mercati interni per recuperare le perdite. Nell’automotive e alimentare l’impatto rischia di essere particolarmente pesante. Ipotizzando a regime un effetto sull’inflazione italiana del +0,3% in conseguenza di dazi al 15%, la spesa annua delle famiglie crescerebbe di 2,55 miliardi di euro a parità di consumi. Se invece l’impatto fosse maggiore, con un’inflazione al +0,5%, l’aumento complessivo raggiungerebbe 4,23 miliardi di euro. A ciò si aggiungerebbero possibili effetti indiretti su mutui e finanziamenti, secondo il Codacons. Un incremento dell’inflazione nell’area euro spingerebbe la Banca Centrale Europea a riconsiderare la politica monetaria, arrivando anche a un rialzo dei tassi di interesse, con evidenti danni per i titolari di mutui a tasso variabile. Unico sollievo arriva dalla decisione dell’Unione europea di non applicare controdazi sui prodotti “Made in Usa”. In questo modo, i consumatori italiani non vedranno aumentare i prezzi di 25,9 miliardi di euro di beni importati annualmente dagli Stati Uniti: dai jeans ai cosmetici, dal ketchup al salmone, dai videogiochi ai ricambi per biciclette, fino a prodotti iconici come i SUV americani. “Altro che successo: si tratta di una disfatta vera e propria, e l’impatto complessivo dei nuovi dazi rischia di abbattersi con forza sul carrello della spesa e sui bilanci familiari italiani, già fortemente indeboliti da anni di rincari a pioggia e salari stagnanti” – conclude il Codacons. “I ristori per i dazi sono misure di corto respiro, servono investimenti per l’innovazione e la competitività”. L’AGCI (Associazione Generale delle Cooperative Italiane) condivide la posizione di quanti, “ancora pochi, esprimono dubbi sulla utilità di ristori o comunque di misure di sostegno straordinario per far fronte ai dazi. Sono sempre azioni di corto respiro. Occorre viceversa una spinta per cogliere l’occasione e introdurre uno sforzo a sostegno di innovazione, ricerca, espansione verso nuovi mercati e di tutto quanto possa aumentare la competitività delle imprese. Non è il COVID, è il mercato” spiega l’Agci nella nota diffusa.


