Gragnano. La guerra per la droga va avanti da 12 anni: troppi omicidi irrisolti
Castellammare. Una lunga scia di sangue, iniziata quasi dodici anni fa. Un’agghiacciante strategia criminale che ha portato a cadere, uno dopo l’altro, tutti i ras «storici» del territorio dei Lattari legati alla produzione e al traffico di marijuana. Caduti uno dietro l’altro, come tessere di un domino in cui la strategia finale è evidente: eliminare la «concorrenza» nel settore per imporre il proprio monopolio. Ecco allora «spiegata» la serie di «agguati fotocopia» che dal 2012 insanguinano il territorio di Casola e Lettere, soprattutto, ma che hanno visto consumarsi agguati eclatanti anche a Gragnano. Come quello della serata del 6 agosto 2012, in cui i killer misero nel mirino il ras Mario Cuomo, alias ‘o caniello. Il 48enne, incensurato, era da tempo però sotto la lente delle forze dell’ordine, che lo ritenevano a capo di una delle due organizzazioni criminali attive a Casola nello stesso ambito: quello del traffico di marijuana. I sicari, evidentemente bene informati sulle sue abitudini, sapevano che ogni settimana l’uomo andava a giocare a calcetto con gli amici, in un campo di via Ogliaro, a Gragnano. Attesero che Mario Cuomo scendesse in campo – chiuso da una porta di ferro e delimitato da tutte le parti dalle reti per il recupero dei palloni – per aprire il fuoco: incuranti del panico, i killer ebbero la freddezza di raggiungerlo sul campo di gioco dove giaceva ferito per finirlo con un colpo di grazia. Cuomo, si diceva, era ritenuto al vertice di una delle due organizzazioni dell’epoca. Dell’altra facevano parte sia Ciro Orazzo che Antonio Di Lorenzo, alias ‘o lignammone, con il secondo nel ruolo di capo. Entrambi a loro volta uccisi in agguati di chiaro stampo camorristico. Il primo fu Ciro Orazzo: il braccio destro di ‘o lignammone era scampato a un primo agguato a gennaio del 2016: i sicari erano appostati di fronte casa sua, in vicolo Trebarili a Casola; attesero che uscisse sul balcone per fumare una sigaretta per aprire il fuoco. Orazzo in quell’occasione si salvò per miracolo. Non ebbe scampo, invece, poco meno di due anni dopo: il 13 ottobre 2017 i sicari stavolta si appostarono lungo la strada tra Casola e Lettere, nascosti nella boscaglia, da dove aprirono il fuoco sulla sua Panda. Meno di due anni dopo, l’11 settembre 2019, sempre a Casola, fu la volta di Antonio Di Lorenzo. Agguato fotocopia, con i killer appostati nella radura di fronte l’abitazione del narcos, in via Giovanni Del Balzo. Appena furono sicuri che era proprio il loro obiettivo l’uomo che stava per varcare il cancello di casa, aprirono il fuoco e per il 53enne non ci fu nulla da fare: trovò la morte a un passo dal rifugio che credeva sicuro della sua abitazione. Stessa sorte per Ciro Gargiulo, l’ultimo narcos di spicco ucciso nel febbraio del 2024 nella zona di via Tuoro, a confine tra Casola e Lettere. Il 60enne si trovava in un podere nei pressi della sua abitazione: i killer non hanno esitato a raggiungerlo e a massacrarlo in pieno giorno, incuranti del pericolo. Venerdì pomeriggio l’ultimo agguato, questa volta ai danni di un personaggio ritenuto vicino al clan Di Martino. Alfonso Cesarano, 34 anni, è stato freddato fuori la sua abitazione. Delitto che potrebbe essere collegato ad una vendetta legata all’omicidio Gargiulo.


