Riforma sanitaria, arriva lo scudo penale per i camici bianchi
Punibilità dei medici solo per “colpa grave”, tenendo conto anche del contesto operativo e della “scarsità delle risorse umane e materiali disponibili”. E’ quanto prevede una bozza del disegno di legge delega al governo in materia di professioni sanitarie e disposizioni relative alla responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie, che arriva in Consiglio dei ministri e molto atteso dalla categoria, dopo lo slittamento del provvedimento avvenuto nell’ultimo Cdm prima della pausa estiva. Si introdurrebbe così in maniera strutturale il cosiddetto scudo penale per i medici, già previsto durante la pandemia di Covid-19. Un progetto complessivo di riforma delle professioni sanitarie allo studio del Governo. Anche al fine di contrastare il fenomeno della ‘medicina difensiva’ “nonchè, per altro verso, allo scopo di calibrare il rimprovero per colpa, nell’ottica del giudizio di responsabilità penale, all’attuale e sempre crescente complessità dell’attività sanitaria, si prevede che l’esercente la professione sanitaria sia punibile esclusivamente a titolo di colpa grave quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge o le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le predette raccomandazioni o buone pratiche risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.
Il personale. “L’attuale situazione di disagio del personale sanitario a lavorare nel Servizio sanitario nazionale (Ssn) che comporta la crescente preferenza per la libera professione o, addirittura, per l’emigrazione all’estero, la distribuzione non omogenea sul territorio del personale sanitario e le gravi carenze per alcune tipologie di specializzazione, le diseguaglianze territoriali in materia di fruizione delle prestazioni sanitarie, rende necessario intervenire, da un lato, sullo sviluppo delle competenze e di rafforzare l’attrattività del Servizio sanitario nazionale, onde sopperire alla carenza di personale, dall’altro, di potenziare l’attività di programmazione del fabbisogno di formazione dei professionisti sanitari”. E’ quanto si sottolinea nella relazione introduttiva del disegno di legge delega al governo in materia di professioni sanitarie. L’obiettivo del provvedimento che si compone di nove articoli, è “far fronte alle carenze di personale, fornire risposte efficaci ai nuovi bisogni di salute della popolazione, ponendo le basi per un sistema sanitario in grado di soddisfare la domanda di prestazioni sanitarie con forza lavoro flessibile, quantitativamente adeguata e in possesso di competenze aggiornate”. Si delega il governo ad adottare, entro il 31 dicembre 2026, uno o più decreti legislativi in materia di professioni sanitarie. L’articolo 3 del ddl detta principi e criteri direttivi per l’adozione di misure e incentivi in favore del personale sanitario. La necessità è adottare “interventi mirati e una riorganizzazione del sistema e delle risorse disponibili”. Nel dettaglio, i decreti delegati dovranno prevedere – si evidenzia – interventi “per far fronte alla carenza di personale e alla disomogeneità nella distribuzione dei professionisti sanitari in particolari discipline e aree di attività, anche attraverso il ricorso a forme di lavoro flessibile per l’impiego degli specializzandi nel Servizio sanitario nazionale compatibilmente con le esigenze di formazione, e favorire il mantenimento in servizio del personale sanitario, contrastando cosi’ il fenomeno della ‘fuga’ dal Servizio sanitario nazionale, anche mediante l’introduzione di incentivi per lo sviluppo della carriera professionale e di misure in favore del personale che opera in particolari condizioni di lavoro o che presta servizio in aree disagiate”. Infatti – si rimarca nella relazione – sebbene l’Italia presenti un numero complessivo di medici superiore alla media Ocse (4,2 per 1.000 abitanti rispetto ai 3,7), “persistono significative carenze in specifiche aree geografiche e in discipline strategiche quali, ad esempio, la medicina d’emergenza, l’anatomia patologica e la radioterapia. Particolarmente preoccupante – si sottolinea – è la riduzione, nell’ultimo decennio, di circa 6.000 medici di medicina generale”. “Il rapporto paziente/infermiere, pari a 6,5 per 1.000 abitanti, risulta sensibilmente inferiore alla media europea (9,8), con potenziali ripercussioni sulla sicurezza e qualita’ dell’assistenza. Analoghe criticità – si osserva ancora – si riscontrano anche per altre figure professionali, tra cui farmacisti, fisioterapisti, tecnici di radiologia, psicologi e assistenti sociali, contribuendo al fenomeno definito da molti esperti come una vera e propria ‘desertificazione sanitaria’ nelle aree piu’ svantaggiate”. Inoltre, si punta “a massimizzare l’efficienza e la produttivita’, riducendo gli sprechi di tempo e migliorando la gestione delle risorse”. Si dovranno prevedere “misure dirette a razionalizzare e semplificare le attività amministrative che gravano sul personale sanitario, con conseguente ottimizzazione dei tempi di lavoro” si legge nel Ddl.

