Guida Gambero Rosso: a Caserta e Verona le migliori pizzerie d’Italia
CRONACA
22 settembre 2025

Guida Gambero Rosso: a Caserta e Verona le migliori pizzerie d’Italia

metropolisweb

Napoli. Non c’è Napoli: le migliori pizzerie d’Italia sono ‘Pepe in grani’ di Franco Pepe a Caiazzo, in provincia di Caserta, e ‘I Tigli’ di Simone Padoan a San Bonifacio, in provincia di Verona.

Il verdetto arriva dal Gambero Rosso che, ironia della sorte, proprio a Napoli, alla Mostra d’Oltremare, ha presentato la guida ‘Pizzerie d’Italia 2026’. Curata da Pina Sozio, l’edizione 2026 recensisce 816 locali, di cui 133 nuovi, e assegna 9 premi speciali.

Le due pizzerie vincitrici ottengono un punteggio di 97 su cento e si aggiudicano il primo posto della categoria ‘tre spicchi’, vale a dire quella riservata alle pizzerie al piatto.

Un gradino sotto, con 96, si collocano ‘Sasà Martucci – I Masanielli’, a Caserta, e ‘Confine’ a Milano. Nel complesso, aumentano le pizzerie che hanno conquistato i Tre Spicchi, passando a 100 premiati. Il primo posto nella categoria ‘tre rotelle’ – che premiano le pizzerie a taglio o da asporto, è invece una conferma: quella di Gabriele Bonci con ‘Pizzarium’ a Roma, che ottiene 96 punti su cento. Le pizzerie premiate in questa categoria passano dalle 16 dello scorso anno alle attuali 18, con due nuovi ingressi, entrambe a Roma, patria della pizza a taglio: ‘Ruver Teglia Frazionata’ e ‘Frumentario’.

“Abbiamo il privilegio di costruire una guida corale – spiega Sozio – nella quale l’ascolto dei territori è il punto di partenza fondamentale del lavoro di critica”. Ma quali sono gli elementi fondamentali attorno ai quali si deve indirizzare sempre più il prodotto e il mondo pizza? Territorialità, stagionalità vera e sostenibilità soprattutto sociale – risponde il direttore del Gambero Rosso Lorenzo Ruggeri – valorizzando i giovani con una remunerazione dignitosa del loro lavoro e rendendoli parte del progetto. Ma non ci sono solo luci. Ruggeri parla infatti senza mezzi termini di un “clima avvelenato” tra i pizzaioli, “con fazioni, piccoli micropartiti più o meno in lotta”. “Tutto ciò – aggiunge – fa sorridere, soprattutto pensando a quello che hanno creato in questo tempo i pizzaioli in termini di qualità, di valore, di prodotto”. Il problema, che non è certo solo un problema del ‘mondo pizza’, è che “si fa molta fatica a creare unità d’intenti, a lavorare all’unisono. E’ tempo di abbassare le asce e guardarsi meno in cagnesco. E’ successo anche qui negli anni scorsi – sottolinea ancora il direttore del Gambero Rosso – con alcuni che sono andati via perché alcuni punteggi non erano in linea con altri. Ben vengano le critiche. Ma sono un paradosso queste lotte veramente provinciali fra pizzaioli, rispetto a un mondo che è in fermento, va a mille, è sintonizzato su tutti i trend attuali, con la pizza che vuol dire autenticità, leggerezza, informalità, accessibilità, vetrina del territorio”. La pizza, conclude, “è gioia, cultura, contatto umano, non un terreno di polemiche, ma una lingua universale che sa unire”. Lo sanno bene i napoletani, maestri indiscussi di quest’arte, anche se al primo posto c’è qualcun altro.