Hojlund nella storia in 14’ di Napoli. Il suo primo gol è da record
SPORT
22 settembre 2025

Hojlund nella storia in 14’ di Napoli. Il suo primo gol è da record

metropolisweb

Un gol, quattordici minuti, un’esultanza liberatoria. È bastato così poco perché Rasmus Hojlund accendesse i tifosi partenopei al Franchi e scrivesse la sua prima pagina, da protagonista, nella storia del Napoli. Al debutto in Serie A con la maglia azzurra (non è il debutto assoluto in Serie A n.d.r.), il centravanti danese non ha perso tempo: scatto in profondità, controllo deciso, sinistro potente e rete. Un gesto semplice, ma sufficiente a scatenare l’entusiasmo di un popolo che da sempre vive di amori travolgenti per i suoi numeri nove. Il gol all’esordio non è un dettaglio, ma un segnale. Nella storia recente del Napoli, solo pochi grandi erano riusciti a presentarsi così: Cavani, che al “Franchi” impiegò appena sette minuti per graffiare, o Lukaku, a segno dopo mezz’ora. Hojlund ha scelto di inserirsi in questa lista a modo suo, al minuto quattordici, nello stesso stadio e nella stessa porta in cui il Matador aveva timbrato il suo primo sigillo. Coincidenze che sanno di destino. A Napoli l’attaccante non è solo un giocatore, ma un simbolo. Ogni generazione ha avuto il suo idolo, dal Pibe de Oro in avanti, ma tra i centravanti moderni la memoria corre veloce a Cavani, all’uruguaiano che trascinava la squadra con gol e sacrificio. È inevitabile che il paragone ritorni oggi con il danese ex Atalanta, che per fisicità, fame e potenza ricorda per certi versi il Matador. I tifosi lo hanno accolto con un trasporto speciale, come se volessero subito veder nascere una nuova storia d’amore. La rete all’esordio ha amplificato tutto: il sorriso largo del danese, l’abbraccio dei compagni, i cori dei tifosi. In quei momenti è sembrato che Napoli avesse già trovato il suo nuovo idolo. Ma il calcio, si sa, non concede favole senza ostacoli. Dopo l’esordio scintillante in campionato, è arrivata la notte di Champions contro il Manchester City, e lì l’impatto è stato diverso. Il Napoli, rimasto in dieci uomini dopo l’espulsione di Di Lorenzo, ha sofferto, e Hojlund non è riuscito a incidere. Troppo isolato, pochi palloni giocabili, la frustrazione di non poter aiutare i compagni e forse poco coraggio nel proporsi in zone di campo dove avrebbe potuto aiutare (vedi l’ingresso di Elmas n.d.r.). Una prestazione opaca che ha riportato tutti con i piedi per terra: il talento c’è, ma la strada è lunga e serviranno esperienza e continuità per emergere davvero in Europa. È un passaggio obbligato, quasi necessario. Anche Cavani ebbe le sue prime notti complicate, così come Higuaín e Lukaku. Napoli lo sa: non è dal debutto che si giudica un campione, ma dalla capacità di reggere le pressioni e di segnare nei momenti decisivi. Eppure l’effetto Hojlund è già palpabile. Non è solo una questione di gol: è la sensazione che qualcosa sia cambiato, che ci sia un nuovo volto capace di incarnare l’entusiasmo e le speranze della città. In estate, con l’infortunio di Lukaku e i tanti dubbi legati all’attacco, serviva una scossa. L’arrivo del danese ha portato freschezza, fiducia e una nuova energia. Accanto a Hojlund c’è un altro giovane da scoprire: Lorenzo Lucca. Arrivato con meno clamore ma con tanta curiosità, il centravanti italiano non ha ancora trovato il gol. La sua statura imponente e la sua presenza fisica lo rendono una pedina diversa rispetto al danese, ma per entrare nel cuore dei tifosi serve soprattutto la rete. L’attesa cresce, perché un suo gol potrebbe alleggerire la pressione sull’ex Manchester United e dare al Napoli una nuova dimensione offensiva. Se il danese ha già acceso i riflettori, il giovane italiano deve ancora prendersi la scena. E quando lo farà, il Napoli potrà contare su una coppia complementare e potenzialmente devastante. Ma Napoli, in fondo, è abituata a vivere di passioni assolute, a innamorarsi dei suoi attaccanti e a sostenerli come fossero eroi. Hojlund ha fatto il primo passo, quello più importante: conquistare la gente con un gol immediato. Ora dovrà dimostrare di poter scrivere pagine più grandi, anche nelle notti europee, anche quando il pallone pesa come un macigno. Perché a Napoli non basta un fuoco di paglia: qui i centravanti diventano leggenda solo se sanno resistere nel tempo. Il danese lo sa, e intanto sorride. Ha già toccato con mano cosa significhi segnare con questa maglia. Adesso deve solo continuare a correre, con la stessa fame con cui ha preso quel pallone al “Franchi” e lo ha spedito in rete.

Alfredo Izzo