L’omicidio di Gragnano, l’agguato mortale ripreso da 25 telecamere
I pantaloni da lavoro catarifrangenti dei due sicari, le ciabatte e la t-shirt con il disegno di un leone dell’esecutore materiale, la targa rubata, l’agguato in pieno giorno. Sono state 25 le telecamere – pubbliche e private – che hanno incastrato Aniello Mirante, 38 anni di Santa Maria la Carità, Salvatore Bifulco, 55 anni di Castellammare, e Rita Letizia Maugeri, 49 anni di Boscoreale. Settantasei i fotogrammi che hanno permesso ai carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata di ricostruire l’agguato mortale ad Alfonso Cesarano, il 34enne ammazzato con cinque colpi di una calibro 9×21 in via Cappella della Guardia lo scorso 29 agosto. Materiale che è stato determinante nell’identificazione lampo dei sicari del fedelissimo del narcos Fabio Di Martino, e della basista che secondo l’accusa aveva allestito la base operativa in un garage in via Andreulli a Boscoreale. Le telecamere situate nei territori di Gragnano, Sant’Antonio Abate, Santa Maria la Carità e nel comune dei vesuviani hanno permesso agli 007 di ricostruite l’omicidio in appena tre giorni. Tra il 29 e il 31 agosto gli investigatori hanno tracciato per intero il percorso effettuato dai sicari per compiere la missione di morte (vedi la foto in pagina). Un’operazione piuttosto rapida perché le telecamere poste sui confini dei vari comuni ormai hanno quasi tutte una tecnologia avanzata per la lettura delle targhe di auto e moto e in alcuni casi sono dotate anche di un’intelligenza artificiale che in pochi secondi seleziona gli altri occhi elettronici che hanno inquadrato la stessa vettura con i numeri di targa impostati.
Da Boscoreale, precisamente in via Andreulli, Mirante e Bifulco sono partiti in sella al T-max passando per la Statale del Vesuvio 268 e arrivando sino in via Cappella della Guardia per poi fuggire per la zona dell’ex carcere di Gragnano, via dei Pastai e imboccando nuovamente a Sant’Antonio Abate – arrivando sino alla zona di Mariconda – poi la Statale 268 facendo ritorno a Boscoreale. Il primo settembre i carabinieri hanno fatto irruzione nel covo dei killer sequestrando lo scooter utilizzato per il raid. Successivamente si è proceduto alla visualizzazione delle immagini delle telecamere a ritroso individuando tutti i “passi falsi” commessi dai killer. Oltre ai due sopralluoghi effettuati il 28 agosto, il giorno prima dell’agguato, nei pressi del luogo dell’omicidio, i carabinieri hanno ricostruito anche il raid fallito il 25 agosto. Quella mattina Mirante e Bifulco, sempre da Boscoreale, sono giunti a Lettere in via Vittorio Emanuele III, strada confinante all’abitazione di Cesarano che stava scontando una condanna per tentato omicidio agli arresti domiciliari.
I killer arrivarono troppo tardi per compiere la missione di morte. Ma oltre a fallire il primo agguato, i componenti del commando hanno commesso altri “errori”. Sia il 25 che il 29 agosto, Mirante e Bifulco indossavano gli stessi abiti. Prima di salire in sella allo scooter utilizzato per il raid il 55enne portava un pantalone corto e una camicia bianca, mentre Mirante un paio di ciabatte azzurre e una t-shirt sulla quale era disegnato un leone. Identico anche l’outfit utilizzato per compiere l’agguato: casco integrale, giubbotto antipioggia scuro e un paio di pantaloni rifrangenti: arancioni per Bifulco, gialli per Mirante. Un capo d’abbigliamento troppo appariscente e che ha aiutato gli investigatori. L’Antimafia sta ancora indagando sul caso per risalire ai mandanti dell’omicidio e ricostruire il movente, probabilmente legato ad una guerra per il monopolio del traffico di marijuana sui Monti Lattari tra il clan Di Martino, cosca di cui era ritenuto vicino Cesarano, e una cosca rivale.


