Napoli, parenti di un ragazzo ferito in una sparatoria tentano aggredire il colpevole
Napoli. Momenti tensione, venerdì scorso (ma si è saputo solo oggi), nell’ospedale Vecchio Pellegrini di Napoli dove i parenti di un ragazzo ricoverato, rimasto gravemente ferito in una sparatoria, hanno tentato di aggredire colui che è accusato di avere premuto il grilletto, un giovane minorenne, accompagnato dall’istituto penale minorile di Nisida nel pronto soccorso dello stesso nosocomio a causa di un malore.
A rendere noto l’episodio, attraverso un comunicato, è il SAPPE, “Il personale di Polizia Penitenziaria in servizio di scorta – si legge nella nota a firma di Federico Costigliola, coordinatore regionale per il settore minorile per la Campania del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria – sembrerebbe composto da appena due unità, percepito il reale pericolo che si stava creando per l’incolumità del minore detenuto, nonché per loro stessi, tentava di mettersi in sicurezza e richiedevano prontamente supporto. Sul posto giungeva il personale della Polizia di Stato, la Polizia Penitenziaria del nucleo di Secondigliano e la squadra mobile dei falchi di Napoli che, con grande professionalità e collaborazione, riuscivano a far rientrare la situazione in totale sicurezza”.
Nella nota viene anche reso noto che il minore accompagnato in ospedale, é a Nisida da circa un mese e “siccome riporta importanti ferite da arma da fuoco, é obbligano a restare allettato senza poter uscire dalla propria cella e necessita di costanti cure mediche, prosegue il sindacalista. Nel corso di questo mese, lo stesso minore é stato accompagnato frequentemente in ospedale per controlli e per complicazioni fisiche, creando notevoli incombenze al personale di Polizia Penitenziaria operante a Nisida”.
“Ciò che desta stupore, – dice ancora Costigliola – é pensare come sia possibile che l’Amministrazione assegni in un Ipm collocato in una zona rossa per rischio bradisismico, un minore in queste condizioni, allettato, non autosufficiente, bisognevole di cure mediche continue che, in una eventuale situazione di emergenza dettata da scosse di terremoto, richiede l’impiego, per quel singolo minore, almeno di tre unità di Polizia Penitenziaria, allo stato sembrerebbe senza alcuna direttiva operativa a riguardo, solo per portarlo fuori dalla propria cella”. Donato Capece, segretario generale del SAPPE, è punta il dito contro quello che è il vero nodo del sistema penitenziario, non solo minorile: la gestione di tanti detenuti stranieri, molti minori non accompagnati e con problemi psichiatrici.
Per Capece “va fatta, inevitabilmente, un’attenta analisi di quanto sta accadendo, nella giustizia minorile, condotta con grande competenza e professionalità dall’attuale Capo Dipartimento Antonio Sangermano” in quanto ormai “da molto, troppo tempo arrivano segnali preoccupanti dall’universo penitenziario minorile”.


