«Il Camorrista» di Tornatore, affresco di una Napoli tremenda
CULTURA
31 ottobre 2025

«Il Camorrista» di Tornatore, affresco di una Napoli tremenda

Luigi Luca Borrelli

Partiamo da un assunto: “Il Camorrista” di Giuseppe Tornatore è un film esaltante anche perché intinto di una Napoli che io vedo nel suo momento “romanzescamente” più effervescente e delirante, dai toni narrativi implacabili; quella degli anni Ottanta, il periodo storico più “cinematografico” del- la Napoli del Novecento, se si escludono forse gli anni del primo Novecento che precedono la Grande Guerra, poco raccontati al cinema (vedi “Processo alla città”, un capolavoro che fa macchia e storia a sé). Una caotica metropoli impoverita e bagnata dal sangue della guerra fratricida tra la Nuova Camorra Organizzata e la Nuova Famiglia, chiamata originariamente dai suoi adepti Fratellanza napoletana, ma poi ribattezzata così dalla stampa, al punto che anche i “pentiti” cominceranno poco per volta a consegnare alla storia il nome scelto da media e giornalisti. C’è innanzitutto un gran- de contorno sociale e di cronaca attorno a questo film che si muove su due dimensioni non parallele, che tendono a intersecarsi più volte. C’è la Forcella dei noti Giuliano – famiglia tra le capostipiti nel com- battere il fenomeno del cutolismo – e poi chiaramente il Napoli di Maradona (il quale ai Giuliano era legato), squadra che sarà campione d’Italia proprio nella stagione inaugurata dall’uscita del film, già tribolato nella distribuzione ed esposto sin da subito a querele, ritrattamenti e vicissitudini che rendono il parto complicato. Ma è un esordio folgorante, quello di Tornatore, che due anni dopo fa il bis con “Nuovo Cinema paradiso”, il più grande tra i suoi successi, per certi versi vicino e insieme lontano a “Il Camorrista”. E non si pensi che sia così infrequente nella storia del cinema che gli esordi di un regista siano assai più significativi dei loro finali di carriera. Anzi. Gli edonistici anni Ottanta – ricordarsi che sull’asse anglo-americano il clima è infuocato dal significativo tandem Reagan-Thatcher, mentre i sovietici in Afghanistan si impantanano, e questo è il canto del cigno – che coincidono al Nord con la Milano da bere e una criminalità legata forse alla finanza, si fanno invece qui nel Meridione piombo rovente, eroina, strade ombrose, vestiti sgargianti e talvolta eccessivi, gioielli intarsiati di ori, ostentazione, cupo diverbio tra ricchezza e povertà, presse mediatiche intorno al calcio e voci senza fine su campionati dagli esiti deviati.  Non dimentichiamo poi che televisivamente gli anni Ottanta sono domina- ti da “La Piovra”, serie tele- visiva di grande successo e di altrettanta violenza che ha diversi punti in comune con questo lungometraggio, e non solo per il tema che tratta. Personaggi sopra le righe nel cast de “Il Camorrista” che sono appunto materia da romanzo, da film, da sceneggiata. Uomini che, per intelligenti o stupidi che fossero, hanno tracciato strade che per lungo tempo sono state dure da sradicare. E forse il Raffaele Cutolo, indiscusso protagonista, è un Professore esagera- to, spesso sopra le righe, non tanto nei gesti e nelle parole, che in lui erano teatrali anche nella vita reale, quanto per una sua certa figura che Ben Gaz- zara rende ancora più spettrale e luciferina, più demoniaca, più “anni ‘80” di quanto già non fosse di per sè, insomma. Personaggio fin troppo riflessivo, Cutolo, per un attore abituato a lavorare con un regista come John Cassavetes, il vero deus ex machina della New Hollywood, un genio che cambiò la storia del Cine- ma, probabilmente senza una reale consapevolezza: un attore quindi avvezzo a una certa improvvisazione in personaggi che – come in Mariti (Husband, 1970) o L’assassinio di un allibratore cinese (The Killing of a Chinese Bookie) – tendono a cavalcare la vita più che a capirla. Diversi dal Professore di Vesuviano – passionale, certo – ma anche stratega di lungo termine, visionario, organizzato (come la sua Nuova Ca- morra, appunto), intellettualmente “presente”. Un uomo che in aula giudiziaria citava Marc Monnier e Vittorio Paliotti. Un uomo che forse, in un’altra vita, con una diversa estrazione sociale per nascita, avrebbe tentato una carriera accademica o una professione legata all’intelletto. C’è poi da considerare che il film viaggia su un doppio curioso binario per lungo tempo – una durata notevole che non scade mai nella prolissità -, quello di essere cioè un prodotto di intrattenimento a metà tra cultura locale e (inter)nazionale, tra una popolare sceneggiata con echi “meroliani” e un film d’ autore per cinefili colti e raffinati. Se vi sembra una cosa da poco, provate a contare i film che hanno messo d’accordo critica e pubblico: vi accorgerete da soli che sono meno di quanti possiate ipotizzar- ne… Che poi, a ben vedere, lo stesso Cutolo, rispondendo a domande quali “Lei ama le sceneggiate, allora?”, rispondeva “No. A me piace Sergio Bruni, non mi piacciono le sceneggiate”, consapevole nella sua intimità di essere meno teatrale di quanto non volessero farlo apparire. Due anime che Tornatore sembra tenere insieme con l’amalgama forse perché le ha dentro egli stesso in quanto persona: tendenza questa riscontrabile an- che in film come Malena, La leggenda del pianista sull’Oceano, Nuovo Cine- ma Paradiso. Basti pensare alla straordinaria sequenza di cinema dell’omicidio del “calabre- se”, nel cortile della galera, tra le note di Catena cantata da una accalorato e appassionato Francesco Tiano (Anche Pino d’Angiò fa parte di questo cast!), forse la più memorabile tra le tante indimenticabili. Di recente, con il tanto materiale che era stato ab illo tempore girato e poi escluso dal montaggio finale, è uscita una serie che ripercorre integralmente il progetto di Tornatore. Molte sono state le polemiche per aver rispolverato questo personaggio che pur rimanendo nella storia sembrava, dopo la sua morte, andare verso un certo oblio della cronaca. Eppure non soltanto i cinefili sembrano essere rimasti legati al fascino del male che questo figlio di contadini di Ottaviano ha esercito per lunghi anni della sua esistenza.