Totò, un genio sottovalutato dalla critica. Poi arrivò Pasolini…
CULTURA, YOUNG
6 novembre 2025

Totò, un genio sottovalutato dalla critica. Poi arrivò Pasolini…

Alessandra Boccia

Nel corso di quasi quarant’anni di carriera, Totò ha recitato in 97 film, collaborando con grandi registi di talento, attori straordinari e sceneggiatori brillanti. Sono letteralmente inarrivabili i proverbiali duetti: quelli con Peppino De Filippo, con Aldo Fabrizi, con Carlo Croccolo, tanto per citarne qualcuno passato alla storia del cinema. Inarrivabili non solo perché profondi ed esilaranti, ma perché intensi, mai banali e, soprattutto, improvvisati in larghissima parte sul set. Totò attore non aveva copioni, o meglio, aveva tracce dalle quali deviava in continuazione seguendo il suo istinto, la sua fantasia, la sua genialità. Gli altri diventavano inevitabilmente «spalla» di uno straordinario interprete. Eppure, per buona parte della sua carriera.

 

Totò fu snobbato dalla critica “alta”, che vedeva nel suo stile farsesco una comicità facile, popolare, perfino volgare. Solo decenni dopo, lo sguardo degli studiosi ha saputo cogliere il valore profondo, linguistico e poetico del suo cinema. Il suo debutto cinematografico avviene nel 1937 con «Fermo con le mani!», ma è negli anni del dopoguerra che Totò diventa una macchina infallibile di successo. La gente lo acclama, le sale sono sempre piene, i suoi sketch vengono citati ovunque.

 

Alcuni titoli diventano veri cult, impressi nella memoria: «Miseria e nobiltà» (1954, regia di Mario Mattoli), «Totò, Peppino e la malafemmina» (1956, Camillo Mastrocinque), «I soliti ignoti» (1958, Mario Monicelli – cameo indimenticabile), «Totò a colori» (1952, primo film italiano girato interamente a colori), «L’oro di Napoli» (1954, episodio diretto da De Sica) e «Uccellacci e uccellini» (1966, Pier Paolo Pasolini – accanto a Ninetto Davoli). Totò, nel suo periodo d’oro, gira anche sette, otto film all’anno, spesso in produzioni leggere, costruite intorno alla sua figura. Alcuni di questi lavori, è vero, erano pellicole commerciali, realizzate con ritmi serrati e sceneggiature fragili. Ma anche nei film più modesti, lui era sempre Totò: creativo, imprevedibile, mimico, capace di improvvisare e reinventare ogni battuta.

 

Durante la sua carriera, i critici più colti lo snobbarono, accusandolo di ripetitività e di appartenere a un cinema minore. La sua comicità surreale, fatta di nonsenso, giochi linguistici e pantomime, venne spesso etichettata come “buffoneria”, senza riconoscere l’originalità profonda che la animava. Totò non era Chaplin, non era De Sica, non era Fellini. Era un’anomalia. E questo, all’epoca, gli costò il riconoscimento. Soltanto Pier Paolo Pasolini — uno degli intellettuali più attenti e liberi del suo tempo — vide in lui un interprete tragico e poetico, capace di rappresentare l’Italia che cambiava. Lo volle al suo fianco in “Uccellacci e uccellini”, film onirico e politico, dove Totò abbandona il macchiettismo per trasformarsi in un clown metafisico. Dopo Pasolini, anche Edoardo De Filippo, Umberto Eco, Ennio Flaiano iniziarono a parlarne con rispetto e a riconoscerne la grandezza.

 

Ma Totò non visse abbastanza per godersi questa riscoperta postuma. Riguardando oggi i suoi film, si coglie come Totò avesse anticipato molti codici della comicità contemporanea: il meta-teatro, in cui il comico gioca con la propria maschera; l’assurdo, degno di Ionesco o Beckett; il linguaggio surreale, fatto di parole inventate e doppi sensi; la satira politica e sociale (con censura inclusa, in più di un caso). Totò non era solo un attore, era un autore involontario, un poeta che scriveva con il corpo, con lo sguardo, con il ritmo.

 

E oggi il suo cinema viene studiato in accademia, citato nei saggi, recuperato nei festival. Il tempo, alla fine, gli ha reso giustizia. La retrospettiva napoletana in corso lo dimostra: Totò continua a parlare, a commuovere, a divertire. E’ entrato nel pantheon del cinema italiano non per merito delle recensioni dell’epoca, ma grazie al popolo che non ha mai smesso di guardarlo. È stato il comico della gente e la gente non ha mai avuto dubbi.