Poppea sui silos: intuizione geniale. Lei parla di Torre Annunziata e non solo
Fuori dubbio è solo la grandezza della donna. Oltre alla straordinaria bellezza. Tutto il resto è oggetto di controversie. Come viveva lei, che, secondo una fonte antica, avrebbe espresso il desiderio di «morire prima che sfiorisse»?
C’è chi dice che ovunque andasse, portasse al suo seguito cinquecento asinelle per fare ogni giorno il bagno nel loro latte. Forse era solo un capriccio, come quello di mettere delle scarpe d’oro ai muli che trainavano la sua carrozza.
I suoi cappelli erano di color rosso dorato. La donna più bella del suo tempo, così è stata ricordata. Non necessariamente perché non c’erano, tra i milioni di ragazze dell’Impero romano, altre che fossero altrettanto belle, ma perché lei esprimeva il sentimento di un’epoca.
Nata intorno all’anno 30 d.C. da una famiglia con possedimenti a Pompei e nel territorio circostante, tra cui la cosiddetta villa A di Torre Annunziata alias «villa di Poppea», si sposò tre volte: prima con un tale Crispino, poi con Otone, amico dell’imperatore Nerone nonché suo successore per alcuni mesi e infine con Nerone stesso. Il quale fu anche il suo assassino, secondo le fonti.
Siamo di fronte a un caso di violenza domestica. Nel 65 d.C. Poppea era incinta; dopo una lite Nerone le avrebbe dato un calcio nello stomaco di cui morì. Mentre all’epoca i membri della casa imperiale deceduti si facevano cremare, come praticamente tutti gli abitanti dell’Italia, lei fu imbalsamata: «come i re stranieri», dice Tacito.
Nerone non supererà mai questa perdita, nonostante o forse proprio perché ne fu il colpevole. Per sposarla aveva fatto fuori la propria madre, perché questa non avrebbe mai consentito il divorzio con Ottavia, figlia naturale del vecchio imperatore Claudio e, pertanto, garanzia della continuità dinastica. Allora doveva morire sia la madre, sia la povera Ottavia.
A proposito di liti. Poppea doveva avere qualcosa di potente, di provocatorio. La sua ironia poteva essere tranciante. Era in grado di manipolare donne e soprattutto uomini con grande maestria. Forse a volte esagerava. Era famigerata per la sua crudeltà. Per eliminare Ottavia, le serve della giovane imperatrice vennero messe sotto tortura affinché incolpassero la propria padrona di un crimine che non aveva mai commesso (adulterio).
Si tramanda che, successivamente, soddisfatta della riuscita del suo piano diabolico, Poppea si sia fatta portare la testa recisa di Ottavia per osservarla. Ma chissà. La donna vera, noi non la conosciamo, non la possiamo conoscere. Abbiamo il ritratto, che, in realtà, forse altro non è che una caricatura di scrittori come Tacito e Svetonio, che forse non erano meno manipolatori della imperatrice morta prima di sfiorire.
La cerchia dei senatori e dei tradizionalisti detestava Nerone: sono loro che hanno scritto la sua storia, ritraendolo come un pazzo, un sadico, un megalomane. E mettendoci in mezzo anche la moglie Poppea. Eppure, sappiamo che la coppia «pop» – lei bellissima, lui l’imperatore cantante – era molto amata dal popolo, anche a Pompei, come attesta un’iscrizione nella cucina della casa di Giulio Polibio, visibile ancora anni dopo la morte dei due.
E persino Tacito, lo storico acutissimo, che spesso sfiora la soglia del cinismo, non nega che Poppea fosse di «affabile eloquenza e tutt’altro che stupida». Flavio Giuseppe, lo storico ebraico che la conobbe personalmente, non solo la definisce generosa e cordiale, ma anche eusebes, «devota» – del Dio ebraico, s’intende, per il quale la donna più potente del mondo di allora evidentemente nutriva un certo interesse. Aveva dunque una vena spirituale, non era solo apparenza e potere.
Chi era veramente Poppea? Dipende da chi ascoltiamo. Ed è per questo che credo che l’idea di riprodurre il suo ritratto sui silos di Torre Annunziata, lanciata dal direttore di Metropolis Raffaele Schettino, sia un’idea geniale, splendida, da sostenere con forza. Nel volto di Poppea ci rispecchiamo noi con le nostre contraddizioni; noi alla ricerca di una verità che dipende sì dai fatti storici, che vanno studiati e analizzati con estrema cura, ma anche da come li guardiamo e da come li leggiamo. La storia delle donne in generale e di questa donna in particolare ne è un esempio emblematico.
*Direttore Parco Archeologico di Pompei

