San Bartolo Longo, i mille volti di un uomo visionario
Se c’è una figura che ha lasciato il segno nella storia della nostra terra come un fiume carsico che, in silenzio, scorre sotterraneo per poi riemergere con forza in superficie, ha certamente la barba bianca e gli occhiali tondi sul naso. Quando Bartolo Longo arriva ad un passo dal dover dire addio alla sua vita terrena, avversato dagli eredi della sua consorte e da una parte della Chiesa, se ne sta affacciato al balcone di casa a guardare ciò che aveva creato.
La sua Pompei cristiana è una piccola comunità che pulsa, non è ancora un comune (lo diventerà nel 1928) ma è la premessa viva per un futuro radioso. Forse è in quegli ultimi sgoccioli di vita, quelli nei quali un uomo fa i conti con la sua anima, che don Bartolo capisce di aver realizzato il sogno di una vita. E si convince che senza il sostegno di una forza sovranaturale non ci sarebbe mai riuscito.
Vero o no, sta di fatto che l’avvocato di Latiano resta una figura fondamentale per la nostra evoluzione. Muore con la consapevolezza di aver dato tutto ciò che aveva dentro. Un giorno (che finalmente è arrivato il 19 ottobre scorso) diventerà santo, ma questo non può immaginarlo. Anche perché, mentre il tramonto cala sulla sua vita, in Vaticano c’è ancora chi lo contrasta, chi prova a relegarlo nell’oblio, chi non ha mai digerito l’ascesa di un laico al quale un Papa ha permesso di gestire una basilica pontificia.
Eppure, quel laico ha recuperato anime e terre, ha divulgato il Rosario, la più potente delle preghiere alla Madonna. Ha innalzato un maestoso tempio alla Vergine Maria nonostante le avversità, in una terra dimenticata da tutti e da tutto. Non a caso, il suo processo di canomizzazione è durato quasi cent’anni. Avviato, frenato, rallentato, cancellato, ripreso, rilanciato. Fino al giorno in cui Karol Wojtyla sceglie di calpestare il sagrato di Pompei. E’ il primo Papa a varcare la porta della Basilica, non era mai successo dal 1876, anno in cui Bartolo Longo e pochissimi fedeli sistemano la pietra angolare sulle macerie della piccola parrocchia di Valle.
Ma raccontarlo solo come santo, dunque come servo di Dio e della Madonna del Rosario, sarebbe ingiusto, persino un torto per la vita complessa di un uomo che ha attraversato le strettoie più dure della vita alla ricerca della luce. Bartolo Longo è l’uomo che concepì la nuova Pompei cristiana là dove il Vesuvio aveva cancellato quella pagana, un massone illuminato, un abile diplomatico, un urbanista eccellente, un benefattore e uno stratega e, un manager ante litteram. Insomma, la sua vita non può essere raccontata in una sola dimensione perché Bartolo Longo fu molti uomini in uno: l’avvocato intellettuale e irrequieto, il convertito radicale, il fondatore di un’opera senza precedenti, il marito affettuoso e generoso della contessa De Fusco, l’innovare visionario, un esperto di economia e du comunicazione, un educatore instancabile, un diplomatico scaltro e intelligente con il Vaticano e la politica, un urbanista sociale, un faro che salvò migliaia di anime dimenticate, e infine il devoto che morì umilmente come «servo della Madonna».
L’avvocato irrequieto e gli studi a Napoli
Bartolo Longo nasce a Latiano, in provincia di Brindisi, il 10 febbraio 1841. È figlio di un medico, cresce in un ambiente colto e disciplinato, e riceve una formazione solida presso gli Scolopi. Dopo gli studi a Francavilla Fontana, e un periodo di studi privati a Lecce, si trasferisce a Napoli per iscriversi alla facoltà di giurisprudenza ed è qui che il suo pensiero viene forgiato fino a generare una profonda crisi dal punto di vista della fede. Napoli rappresenta uno snodo cruciale non solo per la formazione accademico, ma anche spirituale ed intellettuale: la città, in quegli anni, è teatro di fermenti culturali e nuove correnti di pensiero. Dopo l’Unità d’Italia la facoltà di giurisprudenza napoletana propone insegnamenti moderni (ad esempio diritto costituzionale, amministrativo, internazionale) oltre alle discipline tradizionali ma gli studenti riempiono le aule dei professori che partecipano a correnti culturali “innovative”. In particolare, Napoli è scossa dal vento dell’anticlericalismo avverso ad una Chiesa sempre più distante dai suoi valori.
L’affiliazione alla massoneria
Seguendo la strata del pensiero critico e del dubbio, Bartolo Longo bussa alle porte della massoneria napoletana e viene iniziato nel tempio dove i muratori levigano la pietra grezza. Qualche anno dopo, quando per la Chiesa l’appartenenza alla massoneria di don Bartolo diventa scomoda, si parlerà di una parentesi infernale per l’avvocato di Latiano, perso addirittura dietro le pratiche di satanismo. Quello che avviene, in realtà, è che Bartolo Longo, dopo un percorso esoterico, fuoriesce dalla massoneria e soprattuitto, dirà con gli anni, da una fase drammatica della sua esistenza. Un percorso di oscurità spirituale e disorientamento che segna profondamente la sua sensibilità. Insomma, lungi dall’essere una parentesi scomoda, quel periodo divenne per Longo la misura della sua futura redenzione. Solo chi ha conosciuto l’abisso interiore, diceva, può risalire con forza verso la luce.
La conversione e l’incontro con la Madonna
La sua rinascita spirituale comincia attorno al 1865, quando, caduto in una grave depressione, viene salvato da due uomini: il professore Vincenzo Pepe, suo amico fraterno, e padre Alberto Maria Radente, un domenicano dotto e carismatico. Longo si confessa, abbandona gli ambienti esoterici, compie atti pubblici di riparazione, e riceve addirittura il titolo di Terziario Domenicano, scegliendo il nome «Rosario». Ma non si ferma alla conversione individuale: comprende che la fede ha senso solo se diventa azione. Ed è così che nasce la vocazione più profonda della sua vita: divulgare il Rosario e servire la Madonna con opere concrete di redenzione sociale. «Chi propaga il Rosario si salva», scriverà. Questa convinzione è il seme della Pompei cristiana.
L’arrivo a Pompei: visione e promessa
Nel 1872, Bartolo Longo viene nominato amministratore delle terre della contessa vedova Marianna Farnararo De Fusco, che poi diventerà sua moglie per la necessità di spazzare via il chiacchiericcio su suggerimento di Papa Leone XIII. La Valle di Pompei è allora un luogo dimenticato da Dio e dagli uomini: paludi, malaria, miseria, analfabetismo, superstizione. I contadini non conoscono nemmeno il Padre Nostro. Una terra di briganti. Ma Longo non scappa. Anzi, proprio lì formula la sua visione: costruire una città nuova, fondata sulla preghiera e sul lavoro, sulla carità e sull’educazione, sulla dignità di ogni essere umano. Nasce così il progetto della “Pompei cristiana”, una vera contrapposizione simbolica e culturale alla Pompei pagana. Per rendere visibile questa nuova civiltà, Longo compie un gesto simbolico: porta a Pompei, nel 1875, una vecchia tela della Madonna del Rosario, consumata e dimenticata, che farà restaurare e venerare. La trasporta su un carretto pieno di letame, come segno della trasformazione possibile. È l’inizio di un’opera immensa. Attorno a quella tela sorgerà un santuario e, attorno al santuario, una città.
Fondatore e urbanista: nasce Pompei
Nel 1876 Longo posa la prima pietra del Santuario della Beata Vergine del Rosario. La costruzione si finanzia con il “soldino del Rosario”, raccolto tra i fedeli di tutta Italia e presso le famiglie nobili di Napoli. Nessuna donazione delle istituzioni, solo la forza della devozione popolare. La nuova chiesa cresce durante la fase progettuale. Diventa un’opera grandiosa man mano che si erge accanto alla Pompei pagana, sostenuta dal fiume di donazioni che arrivano nella Valle grazie alle mille iniziative di don Bartolo. E’ qui che vengono a galla tutte le doti manageriali di un uomo scaltro e furbo, capace di creare un entusiasmo smisurato attorno alle sue iniziative. E siccome l’idea decolla, accanto alla chiesa don Bartolo immagina una dopo l’altra le opere di carità destinate a diventare il cuore di una città nuova. Don Bartolo fa sorgere attorno alla basilica abitazioni per operai, scuole professionali, strade, una stazione ferroviaria, l’illuminazione pubblica, le case per gli operai, una tipografia, oratori, istituti educativi. Progetta una città cristiana integrata, in cui il Vangelo si incarna nelle infrastrutture sociali. È un urbanista della fede. Anticipa di decenni la dottrina sociale della Chiesa. Si muove prima della Rerum Novarum. E lo fa con concretezza e visione. Tutto ruota attorno al santuario, che viene realizzato con architettura grandiosa e pensiero strategico. La facciata, completata nel 1901, reca in cima la parola Pax. Pace tra i popoli, pace nelle famiglie, pace nelle anime. Anche questo un messaggio rivoluzionario che lo porterà a sfiorare la nomina a premio Nobel.
Il manager e l’innovatore: impresa e cultura
Bartolo Longo comprende che la fede deve usare gli strumenti del suo tempo. Per questo fonda nel 1884 la rivista Il Rosario e la Nuova Pompei, che arriverà a 250.000 copie mensili. La sua tipografia, tra le più attrezzate dell’epoca in Campania, diventa un centro editoriale importante e, negli anni successivi, stamperà anche testate nazionali. Bartolo Longo sperimenta la comunicazione moderna, gestisce fondi, pianifica opere, dirige personale. È un manager ante litteram: progetta, coordina, comunica. Ma non cerca profitto personale: ogni guadagno è reinvestito in opere educative, caritative e culturali. Attraverso la sua rivista racconta le sue opere in maniera sapiente, pubblica immagini e testi accattivanmti e questo moltiplica le adesioni che arrivano da ogni parte d’Italia e del mondo. La sua capacità organizzativa è tale che molti imprenditori del Nord lo studiano. È un caso unico nel Sud del tempo: un laico capace di fare impresa, cultura e fede come un tutto unico.
Il marito, il diplomatico, il tessitore di alleanze
Nel 1885, dopo anni di stretta collaborazione, Bartolo Longo sposa la contessa Marianna De Fusco, vedova e madre. Il matrimonio è un patto più che un sigillo d’amore. La fama del fondatore inizia a dar fastidio e le voci di chi spera di demolirne la figura al cospetto del Papa si fanno sempre pià insistenti. C’è addirittura chi lo accusa di malagestione delle offerte che arrivano a Pompei per la costruzione delle sue opere. Soldi, pietre preziose, ori. E per questo che la Chiesa suggerisce a don Bartolo e alla contessa De Fusco di unirsi in matrimonio. Vivono sotto lo stesso tetto, gestiscono un fiume di danaro dei fedeli, meglio non alimentare chiacchiericci. Il matrimonio è l’ennesimo segno della spiritualità concreta di Lonfo: una coppia unita per servire, non per possedere. Longo sa anche muoversi nei delicati equilibri vaticani. Entra in contatto diretto con Papa Leone XIII, che sostiene le sue opere. Nel 1906, dona ufficialmente il Santuario e tutte le istituzioni annesse alla Santa Sede, ottenendo però di continuare a gestirle operativamente. È un capolavoro diplomatico: Longo non cerca potere, ma garanzie per il futuro della sua opera. Non a caso, fu indicato più volte in odore di Nobel per la Pace. A quel tempo, pochi laici erano così ascoltati a Roma e così stimati dal popolo.
Il salvatore degli ultimi: orfane e i figli dei carcerati
Forse la parte più profonda della opera di Bartolo Longo è quella la più silenziosa. Don Bartolo sa che non può esistere futuro se non ci sono gambe sulle quali far camminare le idee e l’evoluzione. E siccome nella Valle di Pompei non esiste una comunità, lui la crea dalle fondamenta, e la crea affidandosi al cuore degli ultimi. Accoglie le orfanelle, che vengono ospitate dalle strutture gestite dalla contessa De Fusco e, soprattutto, i figli dei carcerati. Un’illuminazione, quest’ultima, che gli balena in mente dopo l’incontro con un asssassino che lo prega di prendersi cura di suo figlio. Bartolo Longo capisce che ai ragazzi va concessa la possibilità di un crearsi un futuro: li educa, li avvia al lavoro, gli affida i ruoli più delicati della sua opera. Crea inclusione e interazione. La sua filosofia è la prova pratica che la teoria lombrosiana fa acqua: dimostra che non si nasce delinquenti, ma lo si diventa solo se non si hanno chances nella vita. Ed è qui che c’è la grandezza di un uomo diventato santo, l’immensità di un massone diventato devoto, l’insegnamento più profondo di un uomo che ha cambiato la nostra storia.

