Focus sulle Start-up dei giovani: l’ottimismo dei numeri, il pessimismo dei fallimenti
Start-up giovanili: luci ed ombre
Imprenditoria giovanile
15 novembre 2025
Imprenditoria giovanile

Focus sulle Start-up dei giovani: l’ottimismo dei numeri, il pessimismo dei fallimenti

L’Italia delle start-up giovanili esiste, ed è reale. E la Campania ha numeri incoraggianti. Ma ci sono anche i dati più che mostrano criticità strutturali, difficoltà di sopravvivenza e disuguaglianze territoriali.
Asia Schettino
  • Crescita delle start-up: i numeri incoraggianti
  • Le criticità strutturali: tra speranza e realtà
  • I rischi di propaganda
  • Giovani, imprese e opportunità: cosa serve davvero
  • Ottimismo realistico
  • L’imprenditoria giovanile in Campania
  • Numeri incoraggianti: presenza, crescita e concentrazione
  • Criticità specifiche della Campania
  • Opportunità e leve per i giovani imprenditori 
  • Ottimismo consapevole per la Campania

Le narrazioni più diffuse ci dicono che siamo entrati già da un pezzo nell’era delle start-up dei giovani. Che la creatività digitale e l’innovazione guidano il futuro economico del Paese. L’Italia delle start-up giovanili esiste, ed è reale: numeri incoraggianti, storie di successo e nuove imprese testimoniano che i giovani italiani non hanno smesso di provare. Tuttavia, i dati più profondi mostrano criticità strutturali, difficoltà di sopravvivenza e disuguaglianze territoriali che rendono il quadro complesso. Parlare di “era delle start-up giovanili” senza considerare questi fattori rischia di diventare propaganda, piuttosto che analisi.

In questo focus di Metropolis Young cercheremo di analizzare la situazione, combinando dati concreti, criticità strutturali e riflessioni sul vero significato di “fare impresa” oggi.

 

Crescita delle start-up: i numeri incoraggianti

Negli ultimi anni, le start-up innovative in Italia hanno registrato una crescita significativa. A fine 2024 erano 11.565 le start-up innovative, di cui 3.695 guidate da under 35. Questo dato indica un interesse concreto dei giovani verso il mondo dell’impresa, soprattutto nei settori digitali, tecnologici e dei servizi innovativi. Non è più raro trovare giovani imprenditori impegnati nello sviluppo di app, piattaforme e soluzioni digitali per la logistica, il turismo o la sostenibilità ambientale.

L’impatto economico non è trascurabile: tra il 2012 e il 2023 le start-up innovative hanno creato circa 63.519 nuovi posti di lavoro, pari al 7,3% dell’incremento occupazionale nazionale nello stesso periodo. In un mercato del lavoro segnato dalla precarietà e dall’incertezza, queste nuove imprese rappresentano una boccata d’ossigeno, non solo per i giovani fondatori ma anche per i team che gravitano attorno alle start-up.Dal punto di vista geografico, le start-up giovanili sono più presenti nelle regioni del Nord, come Piemonte, Lombardia e Veneto, dove esistono ecosistemi consolidati di innovazione, incubatori e investitori. Tuttavia, si osservano segnali di aumento anche in alcune regioni meridionali, come in Campania, segno che il fenomeno non è esclusivamente circoscritto ai territori più sviluppati.

Settori come il digitale, la green economy e l’health tech mostrano tassi di crescita particolarmente elevati, e le giovani imprese stanno iniziando a costruire un’identità propria, fatta di agilità, networking e apertura internazionale.Questi dati raccontano una storia di speranza: nuovi modelli di business, nuove imprese e giovani che cercano di costruire opportunità laddove prima c’era solo incertezza. Eppure, guardando più da vicino, emergono alcune criticità che rendono questa narrativa incompleta.

 

Le criticità strutturali: tra speranza e realtà

Nonostante la crescita del numero di start-up, il quadro complessivo dell’imprenditoria giovanile italiana mostra molte zone d’ombra. Tra il 2011 e oggi, in Italia si sono chiuse circa 165.000 imprese giovanili, con una perdita stimata di circa 42 miliardi di euro di Pil potenziale. Questo dato indica che, pur nascendo nuove attività, molte altre non riescono a sopravvivere, generando un’alternanza continua tra entusiasmo e delusione.

Un’altra problematica significativa è la condizione dei Neet, i giovani “Not in Education, Employment or Training”. In Italia, il 16,1% dei giovani tra i 15 e i 29 anni rientra in questa categoria, un valore ben superiore alla media europea, che si attesta intorno all’11,2%. L’elevata quota di Neet rappresenta un segnale di disaffezione, ma anche una perdita di potenziale creativo e produttivo che potrebbe alimentare le start-up e altre iniziative economiche.

Anche le start-up innovative che nascono spesso incontrano ostacoli nel percorso di crescita. La capacità di fare scale-up, ovvero trasformarsi da micro-imprese innovative a aziende consolidate e competitive, rimane limitata. Solo il 6,6% delle start-up ha superato un milione di euro di fatturato o capitale sociale tra il 2019 e il 2023. Questo significa che la maggior parte delle start-up resta piccola, fragile e vulnerabile alle difficoltà del mercato. Le barriere non sono solo economiche, ma anche burocratiche e culturali. Secondo alcune rilevazioni, il 41,8% dei giovani segnala la mancanza di risorse finanziarie come ostacolo principale alla creazione di imprese.

A questo si aggiungono problemi di rete, accesso al mentoring, competenze manageriali e fiducia degli investitori. Senza un ecosistema solido, molte start-up innovative rischiano di rimanere esperimenti isolati piuttosto che driver di sviluppo reale. Infine, le disuguaglianze territoriali continuano a pesare: il Nord traina, il Sud resta indietro. Anche laddove nascono start-up innovative, la presenza di infrastrutture, capitali e servizi di supporto è inferiore, limitando la possibilità di crescere in maniera sostenibile. Questo divario geografico ha implicazioni sociali ed economiche, perché significa che il talento e le idee dei giovani meridionali spesso non trovano terreno fertile.

 

I rischi di propaganda

Di fronte a questi dati, è naturale chiedersi se parlare di “era delle start-up giovanili” non sia una semplificazione eccessiva. La retorica prevalente tende a enfatizzare l’apertura di nuove attività, l’innovazione digitale e la creatività, trascurando la sopravvivenza delle imprese, la loro crescita reale e le condizioni economiche e sociali che le circondano.

Aprire una start-up è molto diverso dal farla crescere e renderla sostenibile. Molti tentativi restano “micro”, fragili e temporanei, e spesso il successo raccontato dalla stampa riguarda pochi casi virtuosi, creando un effetto distorsivo. La narrativa ottimistica, se non bilanciata da un’analisi concreta delle difficoltà, rischia di generare illusioni nei giovani e di nascondere il fatto che il mercato del lavoro italiano continua a offrire poche certezze.

Inoltre, la retorica delle start-up non può essere la panacea universale della disoccupazione giovanile. L’impresa è solo una parte del puzzle: ci sono lavori, mobilità professionale, internazionalizzazione, formazione e politiche sociali che devono integrarsi per offrire opportunità concrete. Senza un approccio realistico, l’“era delle start-up” rischia di essere solo uno slogan, mentre la realtà dei giovani che lasciano il Paese o restano bloccati in occupazioni precarie rimane evidente.

 

Giovani, imprese e opportunità: cosa serve davvero

Per i giovani che vogliono intraprendere, la realtà suggerisce un approccio consapevole. È vero che ci sono opportunità: incentivi, finanziamenti agevolati, incubatori e spazi di co-working. Ma avviare una start-up richiede capitale, competenze, network, resilienza e una buona dose di pazienza. Non basta l’entusiasmo: servono strategie concrete e capacità di adattamento.

Per i policymaker e gli operatori economici, promuovere la nascita di start-up non basta. È necessario creare condizioni per favorire la crescita e la sostenibilità, ad esempio:potenziare la formazione imprenditoriale,semplificare la burocrazia,facilitare l’accesso al capitale di rischio,incentivare reti tra imprese, università e investitori.

Il contesto italiano, con la sua demografia in cambiamento, infrastrutture diseguali e cultura imprenditoriale non uniforme, richiede una strategia di lungo periodo. Solo così l’innovazione giovanile può tradursi in sviluppo reale, occupazione stabile e prospettive concrete per il futuro.

 

Ottimismo realistico

Il vero obiettivo dovrebbe essere quello di costruire un ecosistema in cui i giovani possano avviare, crescere e consolidare le loro imprese, senza illusioni e con strumenti concreti a disposizione. Solo così l’innovazione potrà davvero diventare motore di sviluppo, opportunità per i talenti e antidoto alla fuga di giovani dal Paese. In questo senso, l’ottimismo è lecito, ma deve essere realistico: i giovani italiani possono fare impresa, ma il successo richiede condizioni favorevoli, resilienza, collaborazione e strategie a lungo termine. La sfida non è aprire start-up, ma farle crescere e renderle sostenibili: e in questo l’Italia ha ancora molta strada da fare.

 

L’imprenditoria giovanile in Campania

La Campania si sta caratterizzando negli ultimi anni come una delle regioni più dinamiche del Sud Italia per quanto riguarda l’imprenditoria ad alto contenuto di innovazione e la partecipazione giovanile. Le iniziative, i bandi, gli incubatori si moltiplicano; i giovani laureati e dottorandi guardano sempre più spesso all’idea imprenditoriale come opzione concreta. Tuttavia, come per il contesto nazionale, è fondamentale andare oltre le narrazioni ottimistiche per capire quali siano le condizioni reali, i vincoli e le opportunità di questa «era delle start‑up» nella Campania.

 

Numeri incoraggianti: presenza, crescita e concentrazione

Secondo dati aggiornati al quarto trimestre 2024 del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, la Campania contava circa 1.497 start‑up innovative, pari al 12,4% del totale nazionale. In un rapporto precedente (2022) la Campania risultava terza tra le regioni per numero di giovani imprese innovative, con circa 1.351 imprese (9,2% del totale nazionale) e un peso rilevante nei settori software, R&S, servizi informatici. Crescita regionale molto elevata: secondo il Centro Studi Centro Studi Guglielmo Tagliacarne, tra il 2016 e il 2024 la Campania ha registrato +184,7% per le start‑up innovative giovanili e +337,7% per le start‑up femminili.

Nel report dedicato all’ecosistema campano si segnala che il 37,2% delle start‑up regionali opera nel comparto “Produzione di software, consulenza informatica e attività connesse” (503 imprese) e il 20% in “Ricerca e Sviluppo sperimentale nel campo delle scienze naturali e dell’ingegneria” (270 imprese).

Altri dati mostrano che la Campania è in prima linea nel Sud Italia per numero di brevetti depositati (2.782 tra 2010‑2020) e per crescita delle esportazioni high‑tech (+66,5% tra 2018‑2022).

A livello di politiche regionali: la regione ha stanziato 5 milioni di euro per rafforzare l’ecosistema dell’innovazione, destinati a giovani laureati/dottorandi/inattivi per la creazione di impresa nell’ambito del programma RIS3 Campania.

I bandi regionali dedicati alle start‑up innovative sono consistenti: ad esempio l’“Avviso Campania Startup 2023” prevede contributi fino a 350.000 € per micro‑ e piccole imprese innovative della regione. Gli incubatori e spazi co‑working sono attivi: ad esempio l’iniziativa nel polo dell’innovazione “Città della Scienza” di Napoli mette a disposizione 10 postazioni gratuite per start‑up e imprese innovative.

 

Criticità specifiche della Campania

Se da un lato la Campania appare sviluppare un buon numero di nuove imprese, dall’altro permangono squilibri territoriali (tra la città metropolitana di Napoli, le province interne e le aree più marginali) e un problema legato alla crescita delle start‑up: molte nascono, ma poche scalano. Un articolo evidenzia che nella provincia di Avellino, tra il 2019 e il 2022, sono scomparse 778 aziende guidate da under 35, pari al ‑15,2%, quasi doppio rispetto al trend nazionale. Quanto agli investimenti: nonostante il dinamismo nazionale, la Campania risulta “ferma” rispetto alle regioni di punta – ad esempio, nel primo semestre 2025 le start‑up in Italia hanno raccolto 353 milioni €, ma la Campania figura solo al decimo posto nella classifica regionale con circa 11 milioni di euro raccolti.

Come in Italia, anche in Campania molte start‑up restano micro‑imprese con fatturati limitati, e la trasformazione in imprese consolidate stenta. I dati nazionali indicano che solo circa il 6,6% delle start‑up supera il milione di euro tra 2019‑2023 (nel contesto nazionale). Pur non avendo dati specifici per la Campania, è verosimile che la regione risenta di questo fenomeno di fragilità.

La raccolta di capitale e la fiducia degli investitori appaiono meno sviluppate rispetto alle regioni del Nord; ciò rappresenta un freno per l’espansione e la competitività sul mercato internazionale. Cultura imprenditoriale giovanile, migrazione e opportunità.

Un tema cruciale è la fuga dei giovani: anche se la Campania ha un buon numero di start‑up giovanili, le aree interne soffrono di spopolamento e perdita di capitale umano qualificato.

La presenza di infrastrutture, accesso ai mercati, competenze manageriali e rete di mentoring appaiono ancora meno robuste rispetto ai territori più avanzati, con il risultato che l’entusiasmo iniziale può scontrarsi presto con la realtà dell’impresa. Burocrazia, supporto e scala regionale.

Le politiche regionali mostrano impegno (vedi bandi, incubatori), ma spesso il percorso burocratico, l’accesso al credito e la scalabilità operativa restano punti deboli. La distribuzione delle opportunità appare concentrata intorno ai grandi centri universitari e alle zone metropolitane, mentre zone più periferiche incontrano maggiori difficoltà.

 

Opportunità e leve per i giovani imprenditori

Formazione, networking e incubazioneIl programma Start Cup Campania 2025 ha coinvolto oltre 250 studenti‑innovatori e 45 business plan in gara, con prevalenza nei settori ICT‑services (42%) e life sciences/med‑tech (38%). Le università, gli incubatori e le strutture regionali stanno muovendosi per creare ecosistemi che supportino non solo l’avvio, ma anche la crescita sostenibile delle imprese.Per i giovani imprenditori: scegliere un percorso di incubazione, partecipare a contest, costruire rete e collaborazioni può fare la differenza.

I bandi regionali dedicati alle start‑up permettono contributi a fondo perduto o finanziamenti agevolati (es. Avviso Campania Startup 2023, fondi Regionali per “ecosistema innovativo”). I giovani devono approcciare l’impresa con pragmatismo: non solo l’idea e l’entusiasmo, ma un piano chiaro, un modello di business scalabile, una visione internazionale anche in partenza.

In Campania forti sono i settori dell’high‑tech, delle scienze della vita (life science/biotech), del software e dei servizi digitali. Le esportazioni high‑tech sono cresciute del +66,5% tra 2018‑2022. Le start‑up che riescono a collocarsi in questi settori, o che trovano nicchie innovative in contesti territoriali (turismo esperienziale, economia circolare, digitalizzazione del patrimonio culturale, ecc.) possono sfruttare un vantaggio competitivo.

Non basta “aprire una start‑up”, serve costruire un’impresa che duri, cresca e crei occupazione stabile. Questo richiede un ecosistema che favorisca scale‑up, rete tra università‑impresa‑investitori, una burocrazia più leggera e maggiore accesso al capitale.Per la Campania, la chiave sarà ridurre il divario interno (tra Napoli/metropoli e province interne), attrarre e trattenere giovani talenti, potenziare infrastrutture digitali e fisiche, e promuovere una cultura dell’innovazione non solo urbana ma diffusa.

 

Ottimismo consapevole per la Campania

La Campania ha ormai dimostrato di poter stare nel cuore della trasformazione imprenditoriale giovanile: numeri in crescita, iniziative attive, giovani pronti a innovare. Ma l’“era delle start‑up giovanili” non si concretizzerà solo se continuerà ad essere vista come un evento isolato: serve trasformare idee in imprese vere, fragili in solide, avvio in scalabilità.

Il contesto regionale presenta sfide — dal capitale alle infrastrutture, dalla burocrazia alla distribuzione territoriale delle opportunità — ma anche strumenti che possono essere sfruttati: bandi, incubatori, università, ecosistema digitale. A chi vuole avviare una start‑up in Campania consiglio: non partire solo dall’entusiasmo, ma costruire a monte un piano, cercare mentoring, partecipare attivamente all’ecosistema locale, guardare al mercato globale.

Solo così le start‑up giovanili campane non saranno soltanto numeri di crescita, ma contribuiranno realmente a occupazione, innovazione e sviluppo regionale. L’ottimismo è lecito — ma va fondato su azione, rete e strategia.