Dignità,diritti e pluralismo: i giornalisti incrociano le braccia per l’informazione e la libertà
E’ il giorno dello sciopero dei giornalisti. Al centro della mobilitazione che questa mattina tiene ferme le redazioni e domani terrà i giornali fuori dall’edicola c’è una questione strutturale serissima: il rinnovo del contratto nazionale di lavoro giornalistico Fieg‑Fnsi, che regola i rapporti di lavoro nelle redazioni di quotidiani, periodici, agenzie, testate online, radio e tv, scaduto ormai dal 2016. Questo significa che per quasi un decennio la categoria è rimasta senza un nuovo accordo collettivo: niente rinnovi, niente aggiornamenti normativi, niente garanzie di stabilità o adeguamenti salariali. Un vuoto normativo che pesa su giornalisti, collaboratori, freelance, redazioni e su chi crede nell’importanza di un’informazione libera e rispettosa della dignità del lavoro giornalistico. Per l’Associazione Stampa della Campania, che ha aderito allo sciopero insieme alla Fnsi, la richiesta è: un contratto che tenga conto dell’evoluzione del giornalismo negli ultimi anni, delle nuove sfide (digitalizzazione, AI, nuovi modelli di lavoro), e delle condizioni reali in cui vive la categoria.
Quattro emergenze La decisione della Fnsi di indire lo sciopero nasce non da una questione simbolica o politica, ma da una serie di rivendicazioni concrete, professionali, economiche, tutte legate alla qualità dell’informazione. Prima questione: recupero del potere d’acquisto e la dignità salariale. Negli anni della crisi del settore editoriale e del stagnamento contrattuale, molti giornalisti (dipendenti e collaboratori) hanno visto erosa la loro capacità di vivere dignitosamente del proprio lavoro. Secondo diversi sindacati regionali, gli stipendi hanno perso fino a circa il 20% del potere d’acquisto. L’offerta fatta dagli editori durante le trattative è stata considerata largamente insufficiente: aumenti simbolici, proposte di alleggerimento degli istituti contrattuali, tagli sulla tredicesima, sugli scatti di anzianità, sugli straordinari. In pratica, ridimensionare il contratto più che aggiornarlo. Per i giornalisti, per i collaboratori precari, per chi vive angosciato da contratti instabili o compensi bassi: è una questione di dignità, sopravvivenza e giustizia. Seconda questione: la precarietà di freelance e collaboratori. Una parte significativa del giornalismo non è più quella tradizionale con contratti stabili, ma fatta da freelance, collaboratori, giornalisti precari. Effetti legati anche alla transizione media e digitale, ai prepensionamenti, ai licenziamenti, alle ristrutturazioni, alle riduzioni di organico. Molti di questi operatori, la maggior parte corrispondenti locali, rischiano di essere esclusi da qualsiasi tutela reale se il contratto nazionale non viene aggiornato per includerli. La mobilitazione chiede quindi un contratto che consideri anche queste figure, con diritti, compensi equi e certezze. Terzo tema: adeguare il contratto alla trasformazione del giornalismo. Il mondo dell’informazione è cambiato drasticamente: testate online, contenuti multimediali, intelligenza artificiale, social, nuove figure professionali. Ma il contratto è rimasto quello di dieci anni fa. È evidente, spiegano le associazioni di categoria, che servono norme nuove, flessibili, capaci di governare il cambiamento, tutelando al contempo le professionalità. Per questo la Fnsi chiede, oltre a un aggiornamento salariale, chiede norme chiare sul corretto uso dell’intelligenza artificiale nelle redazioni, regolamentazioni su nuovi modelli di lavoro e di contenuti, tutele per freelance e collaboratori, estensione di diritti e garanzie a tutti coloro che contribuiscono al giornalismo, a prescindere dallo status contrattuale. Ultima questione, ma forse quella più importante per il futuro del giornalismo e per la libertà e la democrazia del Paese: la salvaguardia del pluralismo, della qualità e dell’autonomia dell’informazione- L’argomento economico e contrattuale non è separabile dalla missione fondamentale del giornalismo: informare in modo libero, indipendente, autorevole, etico. La Fnsi e le associazioni di stampa sottolineano che senza un contratto che riconosca e valorizzi la professione giornalistica, senza garanzie per chi la pratica, è a rischio la qualità dell’informazione stessa — a vantaggio dei grandi colossi del web, delle fake news, di chi punta al click facile e alla disinformazione.
Perché lo sciopero Non essere in edicola, soprattutto per realtà piccole come lo sono i giornali locali, significa arrecare un danno enorme ai bilanci, ma nonostante questo lo sciopero è una scelta inevitabile, l’unica via rimasta. La scelta di indire uno sciopero non è «contro qualcuno» in senso puramente conflittuale, ma una conseguenza inevitabile di un contesto in cui il dialogo non ha portato a niente di concreto. Secondo la federazione nazionale della stampa e le associazioni regionali, negli anni di trattative i grandi editori non sono riusciti a formulare proposte che tenessero conto delle mutate condizioni del settore. I tavoli di confronto, anche su temi centrali come l’intelligenza artificiale, nuovi modelli produttivi, equo compenso, non hanno prodotto nulla di sostanziale. Quando sono arrivate proposte, erano le stesse di dieci anni fa, senza adeguamenti realistici a salari, tutele, organici. Davanti a questo stallo, la mobilitazione appare come l’unica scelta possibile per far sentire la voce dei giornalisti: rivendicare dignità, contratti, diritti per tutti — non solo per chi ha uno stipendio fisso, ma anche per chi collabora, chi lavora da freelance, chi contribuisce in forma autonoma. È una protesta per l’intera categoria, per la dignità del giornalismo, per la qualità dell’informazione, per il diritto dei cittadini a essere informati in modo serio. — 📰

