Il futuro è in bilico: Metropolis non ha padroni-editori ma è coi giornalisti
AGORÀ
28 novembre 2025

Il futuro è in bilico: Metropolis non ha padroni-editori ma è coi giornalisti

Raffaele Schettino

Non è stata una scelta presa a cuor leggero. Anche perché, per una realtà piccola come la nostra, un giorno fuori dalle edicole significa cancellare cifre importanti dal bilancio. Del resto, abbiamo già dovuto affrontare una spallata economica per la clamorosa rapina a mano armata che ci impedito di essere in edicola il giorno in cui un commando ha assaltato il furgone della nostra distribuzione. Ne abbiamo discusso a lungo in redazione. Intanto, ci siamo interrogati su quale potesse essere il senso della nostra adesione allo sciopero contro gli editori. In fondo, Metropolis non ha imprenditori-padroni che a fine mese garantiscono gli stipendi, alti o bassi che siano. Metropolis è edito dai suoi stessi giornalisti, che sono al tempo stesso editori e dipendenti, uniti in una cooperativa, Citypress, che si autofinanzia per mandare il quotidiano in edicola. Tradotto, per chi non ne mastica: se a fine mese ci sono gli incassi si dividono gli stipendi al netto delle tasse e delle spese obbligatorie da sostenere, altrimenti amen. Il che, quando è capitato, non ha precluso il nostro impegno e il nostro per un informazione puntuale nell’interesse della comunità.  Per Metropolis, ma credo di poter dire che la stessa situazione vale per la gran parte dei giornali locali, l’esigenza prioritaria dell’adeguamento del contratto nazionale del lavoro viene scalzata da un’altra priorità, quella cioè di provare a rispettare il contratto che già esiste. Che piaccia o no. Che soddisfi o meno il sindacato. Come dire: l’adeguamento del contratto nazionale del lavoro diventa inutile se non si immaginano cambiamenti strutturali in grado di creare le condizioni per un’informazione di qualità sostenibile. Che, per inciso, dovrebbe essere una priorità del governo nell’interesse di tutti: delle istituzioni, dei lettori e della filiera editoriale. Su questa premessa fondamentale abbiamo messo sul tavolo certezze, dubbi ed opinioni e alla fine, com’è sempre avvenuto a Metropolis nell’ultimo decennio, abbiamo deciso insieme: soci e dipendenti. E così, anche Metropolis si ferma per un giorno, oggi, per dare forza alla battaglia dei giornalisti. Lo sciopero è un atto politico e culturale, non nel senso partitico, ma nel senso più nobile del termine: riaffermare il valore del giornalismo, della verità, del servizio pubblico. Il rinnovo contrattuale significa difendere la qualità dell’informazione, evitare la selezione al ribasso, scongiurare l’indebolimento delle redazioni locali, difendere tutti quei diritti che sono fondamentali per tutelare l’informazione come presidio di libertà e di democrazia di questo Paese. Crediamo dunque, che l’adesione di Metropolis allo sciopero sia un segnale fortissimo, una scelta matura che ci ha spinto ad anteporre gli interessi dell’informazione a quelli dei bilanci della nostra azienda. Aderire allo sciopero, insomma, mette Metropolis, e tutte le altre testate edite da cooperative di giornalisti, in una posizione speciale che definirei autentica e coerente con i valori della professione. La nostra scelta sottolinea dunque il valore della solidarietà, che è un principio fondamentale spesso dimenticato dai grandi giornali nazionali. E sottolinea quanto sia importante lottare per difesa il pluralismo e l’indipendenza dell’informazione in un momento in cui il giornalismo è sotto pressione economica, tecnologica, strutturale e anche politica. Su questo fronte, il modello cooperativo che ha sempre contraddistinto Metropolis, così come le altre testate aderenti alla File (Federazione liberi editori) rappresenta un pilastro concreto di pluralismo, autonomia e indipendenza. Un modello che il governo deve difendere in vista delle scelte strategiche che riguarderanno la regolamentazione dei contributi alle testate giornalistiche. Partecipare allo sciopero significa anche questo: difendere l’idea che l’informazione non è merce ma bene pubblico, cancellare la narrazione propagandistica e irresponsabile di partiti e movimenti, affermare che il giornalismo è una professione al servizio della società. Una missione con grande dignità, e che come tale merita rispetto, tutele e riconoscimento.