A 14 anni dalla terribile guerra di camorra che ha seminato sangue e terrore in città, tornano alla sbarra i presunti protagonisti di una delle pagine più nere della storia di Castellammare di Stabia. Il processo infinito – che tra cavilli e sentenze cancellate si trascina da quasi 10 anni – racconta la storia della faida tra il clan D’Alessandro, un nome che qui è da sempre sinonimo di camorra, e gli Omobono-Scarpa, la cosca emergente che all’inizio del nuovo millennio avrebbe provato a mettere al tappeto gli eredi del super boss Michele D’Alessandro. Una “mattanza” spietata condita dal sangue di padrini e sicari.
Sul piatto ci sono due omicidi “eccellenti”. Due delitti “manifesto” della ferocia dei killer protagonisti di quella guerra. Si tratta degli agguati costati la vita – nel giro di pochi mesi – ad Antonio Martone e Giuseppe Verdoliva, due pezzi da 90 della camorra di Scanzano – il fortino dei D’Alessandro – uccisi tra giugno e settembre del 2004. Delitti dietro i quali ci sarebbe la mano e la mente di Massimo Scarpa, detto ‘o napulitano e ritenuto il reggente della cosca emergente poi affondata da arresti e omicidi, e di Michele Omobono, alias ‘o marsigliese, l’altro boss del clan a due teste che aveva provato a sfidare i D’Alessandro. Con loro sono imputati anche Giovanni Savarese, Raffaele Martinelli e Raffaele Carolei, tutti ritenuti organici alla nuova organizzazione criminale.