Tour Eiffel chiusa per tutto il giorno, scuole occupate, metropolitane a singhiozzo e 650 chilometri di coda lungo tutta la Francia: come in un normale giorno di esodo festivo. Non fosse che il motivo sono invece gli scontri di piazza che dalle periferie di Parigi si spostano verso il centro della capitale con la polizia che ha fermato decine di persone. Le concessioni del governo sulla riforma del lavoro non bastano ai sindacati e non convincono studenti e lavoratori che tornano a protestare per la terza volta in meno di un mese. L’ennesima manifestazione contro l’esecutivo mette in crisi il presidente della Repubblica Francois Hollande che a un anno dalle elezioni vede crollare la sua popolarità mentre cerca di far approvare una delle più ambiziose riforme del Paese.
Ispirata per larghi tratti al Jobs Act italiano, la revisione del codice del lavoro è una partita sulla quale Hollande e il suo primo ministro, Manuel Valls, si giocano molto del loro futuro politico. Proprio come Matteo Renzi che a un anno dall’entrata in vigore della riforma può sì festeggiare il calo della disoccupazione, l’aumento degli occupati e la discesa degli inattivi, ma deve prendere atto che il merito è soprattutto della decontribuzione sulle nuove assunzioni varata dalla Legge di Stabilità 2015 e confermata – seppure in misura ridotta del 40% – per il 2016. Al netto degli sgravi, l’effetto del Jobs Act è decisamente ridotto. Insomma, la flexsecurity che partita dal Nord Europa è diventata la norma in tutto il Vecchio continente in Francia è ancora sconosciuta e in Italia zoppica.