È la comunicazione che Cosa Nostra ha dato più forte degli ultimi 20 anni, eppure se non conosci quella grammatica ti sembra una banale intervista”. Roberto Saviano, ospite ieri sera da Fabio Fazio a ‘Che tempo che fa’ su RaiTre, ha parlato così dell’intervista di Bruno Vespa al figlio di Totò Riina. “Quando un mafioso va in tv – ha spiegato – ci va perché vuole lanciare un messaggio. L’esposizione mediatica è sempre un pericolo perché attiri l’attenzione”. “Il primo messaggio che Salvo Riina ha mandato – ha continuato Saviano – è che non sta parlando da capofamiglia, non si sta sostituendo al padre”. Poi che “vuole aprire alla dissociazione”, ovvero riconoscere solo le proprie responsabilità, mentre l’organizzazione fuori continua, e non fare i nomi di altri.
L’obiettivo di quel messaggio, ha osservato lo scrittore, “non era il pubblico né lo share né Vespa” ma due entità. La magistratura, alla quale ha voluto suggerire che “la vecchia Cosa Nostra non è la nuova Cosa Nostra”, da qui il richiamo ai valori. Questo in sostanza il messaggio che secondo Saviano Riina jr avrebbe lanciato ai magistrati: “Non ci pentiamo ma non vogliamo più il 41 bis in cambio ci prendiamo solo le nostre responsabilità senza però accusare altri”.
L’altra “entità” a cui era rivolto il discorso del figlio del boss è per lo scrittore Cosa nostra: “Non fateci pagare le vostre colpe, noi, la famiglia, siamo diversi. Un messaggio a Matteo Messina Denaro, come fanno sempre le vecchie generazioni con le nuove”, di cui non condividono le scelte. E ancora: “Non osate interferire nello scambio” che vogliamo fare.
“Nel momento in cui l’attenzione sulla mafia è zero – ha detto Saviano – sentono che lo Stato è fragilissimo e vedono che c’è uno spazio per poter dire tutto questo”. “Non bastano arresti o proclami per combattere la mafia, né è una battaglia solo morale ma di conoscenza e sapienza, una conoscenza che ci sta sfuggendo. Qui la mafia sta parlando e la cosa più grave – ha concluso – è che non l’abbiamo capito”.