Questa è una storia di discriminazione e razzismo; una storia che inizia un anno fa ed è degenerata nel peggiore dei modi.
Protagonista una coppia omosessuale, bersaglio dei vicini di casa, costretta a vivere nella paura al punto di mettere un’inferriata e una telecamera davanti alla porta, e infine obbligata vendere il tanto amato appartamento, nel quartiere San Donato, a Torino.
Minacciati e costretti a denunciare. L’imputato per stalking è un uomo di 63 anni. “Quello che mi auguro davvero è che arrivi una sentenza che sia d’esempio: che in futuro non sia così scontato che insultare una persona per il suo orientamento sessuale sia una cosa naturale, perché a me sembra che ora sia così: naturale”. Queste le parole del ragazzo, 30 anni, che con il suo ex compagno, è stato bersaglio di tutto il condominio. I problemi sono iniziati subito: “La moglie dell’imputato ci gridava da balcone che sembravamo due donnine innamorate. Una vicina ci ha accusato per le piante sul terrazzo: diceva che creavano umidità e facevano arrugginire le ringhiere. È andata dai carabinieri a denunciarlo”. E poi, la violenza: “Mi hanno tagliato le gomme della macchina una quindicina di volte. Le scritte in ascensore e le svastiche ricomparivano ogni volta che venivano rimosse. E gli altri vicini – continua – dicevano che era colpa nostra, che dovevamo andarcene”. L’episodio più grave, per strada: “Un gruppo di ragazzini ci ha accerchiato. Tra loro conoscevamo solo la figlia del vicino. I riferimenti alla nostra sessualità erano chiari, ho provato a chiamare le forze dell’ordine, ma hanno buttato a terra il cellulare e l’hanno distrutto. Poi mi hanno picchiato”.
Per l’imputato è stata chiesta una condanna a 8 mesi e un risarcimento alle parti lese di 50 mila euro.