“Chiunque volesse comprare o vendere una casa a Ponticelli doveva rivolgersi a Nunzia D’Amico, era tutto nelle sue mani”. Sono queste le parole di Raffaele Stefanelli, ex fedelissimo del clan, da poco diventato collaboratore di giustizia, che in un verbale del maggio del 2015 racconta di un altro affare organizzato dalla camorra nella zona orientale della citta’. Se la donna boss non fosse stata uccisa, sarebbe stata arrestata nel corso della retata messa a segno dai carabinieri questa notte contro il gruppo soprannominato dei ‘fraulella’ che controlla zona del Conocal, schiacciati dalle accuse contentute in 1.200 pagine di ordinanza a firma del gip Egle Pilla. “Chi vuole vendere una casa deve avere l’approvazione di Nunzia D’Amico, la quale prende anche una quota dei soldi della trattativa. Nunzia si libera degli indesiderati facendoli cacciare dal clan e chi non vuole cedere viene picchiato, o gli incendiano le auto e addirittura gli appartamenti”. Il pentito fa una lista di nomi di persone che sono state mandate via sia perche’ indesiderate dai D’Amico durante la faida contro i De Micco, sia perche’ quella casa era stata promessa in vendita a qualcuno vicino al clan. “Nunzia D’Amico prendeva una quota sia dal venditore che dall’acquirente della casa”. Nella retata di questa notte sono 38 le donne indagate su 89 richieste cautelari eseguite. Decine i pentiti e tra loro c’e’ Maria Grandulli, ex cognata di un pentito del clan, Domenico Esposito. Ha raccontato ai magistrati di quando vendeva droga e di quando incinta di 5 mesi fu minacciata con una pistola puntata alla gola, era il 2014 e da poco era scoppiata la faida con i De Micco. La donna per lunghissimo tempo ha lavorato nelle piazze di spaccio insieme alle sorelle per conto dei D’Amico, “e’ un’osservatrice e una narratrice privilegiata delle attivita’ criminali del gruppo”, scrive il gip. Si e’ pentita nel 2014 ed ha raccontato molti dei retroscena che sono serviti per l’emissione della misura cautelare. “Sono la cognata di Domenico Esposito detto il cinese. Quando e’ iniziata la guerra tra i De Micco e i D’Amico i miei capi non volevano passare con i ‘fraulella’ perche’ la loro droga era di cattiva qualita’. Erano quindi disposti a pagare la settimana, intesa come ‘pizzo’, ma non a rifornirsi – racconta la donna in un verbale del novembre del 2014 – Da quando mio cognato si e’ pentito sono iniziati problemi con i De Micco e in un’occasione Salvatore De Micco mi mise una pistola in gola quando ero incita al quinto mese. Sono sicura che non mi ha riconosciuta senno’ mi ammazzava”.
CRONACA
20 giugno 2016
La pentita: “Io minacciata con una pistola alla gola al quinto mese di gravidanza”