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Agguato al Don Guanella, padre Manganiello: “Basta con la favola della camorra che non tocca i bambini”
CRONACA
18 settembre 2016
Agguato al Don Guanella, padre Manganiello: “Basta con la favola della camorra che non tocca i bambini”
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«Walter Mallo era un ragazzino quando veniva in oratorio. Lui è stato un fallimento educativo, devo ammetterlo. Ed è l’esempio di questa generazione di ex manovalanza minorile che si atteggia a boss a causa del vuoto di potere lasciato dai vecchi clan. Chi ha sparato a una donna nonostante la presenza di un bambino è come Mallo, non ha nessun codice d’onore». Traccia a chiare lettere il quadro dello scenario in cui ieri sera si è consumato l’ennesimo agguato di camorra, don Aniello Manganiello. Un sacerdote che conosce bene il Rione Don Guanella, dove ha vissuto per 16 anni, fino a quando la Curia di Napoli non lo ha mandato via nel 2010.

Don Aniello, è di ieri sera il ferimento di una donna che ha fatto da scudo al proprio figlioletto per schivarlo dai proiettili dei killer. Come commenta?

«Il rione è peggiorato da quando ci sono arrivato io la prima volta nel 1994. I sicari che hanno sparato a quella donna sono gli stessi ragazzi come Walter Mallo, cresciuto proprio al Don Guanella».

Lei lo ha conosciuto?

«Veniva da me in oratorio. Insieme ad altri divenuti poi come lui, era un bulletto, non rispettava le regole e mi dava tanti problemi. Ecco perchè da educatore lo giudico un mio fallimento. Tuttavia ci sono tanti ragazzi che abbiamo salvato dalla malavita».

Chi deve intervenire se anche un prete come lei ammette di aver fallito in certi casi?

«Devono esserci altre agenzie educative. Oltre la Chiesa, la famiglia prima di tutto, la scuola e le istituzioni che devono accompagnare questi ragazzi nel loro percorso di crescita».

Cosa è cambiato al Rione Don Guanella?

«Gli ex ragazzi assoldati dai clan sono diventati adulti e ora ambiscono a diventare i vertici di una gerarchia criminale. Di questi fanno parte quelli che hanno fatto fuoco ieri sera contro una donna e suo figlio».

Già, la presenza di un bambino non ha fermato i killer…

«Basta con la favola che i camorristi non toccano i bambini. Questi giovani boss emergenti non hanno codici d’onore e sono mossi solo dalla ferocia e dall’irrazionalità con un unico obiettivo: il controllo del territorio».

Cosa ha portato a tutto questo?

«Gli arresti dei Lo Russo hanno causato due fenomeni: la scelta di esponenti del clan di collaborare con la giustizia e il vuoto di potere che ha rappresentato terreno fertile per questi baby boss, che si sono affrancati da una sorta di dipendenza che prima avevano dai capoclan».

 

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