Ercolano. «Il Parco Nazionale del Vesuvio è diventato una pattumiera. Un disastro senza precedenti di cui i colpevoli risponderanno davanti a Dio e davanti agli uomini. Parlo dei camorristi, ma anche degli imprenditori e dei politici nazionali e locali di ieri e di oggi». E’ il succo dell’ultima durissima omelia firmata da padre Marco Ricci, il sacerdote anti-veleni di Ercolano. Il prete della chiesa del Sacro Cuore, l’uomo che ha fatto scoprire ai carabinieri i veleni interrati di cava Montone – la discarica dei fusti tossici sepolti nel terreno– torna ad alzare la voce. E lo fa a pochi giorni dalla messa per le vittime dei tumori di San Vito nel corso della quale sono state mostrate le foto dei 100 “martiri” della terra dei fuochi vesuviana.
Nel mirino del sacerdote, in particolare, la gestione del Parco Nazionale del Vesuvio e la montagna di spazzatura che puzza di camorra scoperta nel ventre del vulcano. Grazie alle dichiarazioni del pentito Ciro Gaudino, ex killer del clan Ascione-Papale, i carabinieri del Noe hanno puntato i riflettori su un’altra pattumiera di rifiuti interrati nel cuore del Parco. Secondo le indiscrezioni pare che il pentito abbia anche indicato agli inquirenti altri fondi nella zona che la camorra avrebbe usato per seppellire la “monnezza” delle fabbriche del nord Italia.
«Il Parco Nazionale del Vesuvio – la stoccata del sacerdote – è stato istituito per conservare i valori del territorio e dell’ambiente e la loro integrazione con l’uomo. Per salvaguardare le specie animali e promuovere l’educazione ambientale».
Parole pesanti che arrivano a pochi giorni dall’annuncio, firmato dal Procuratore di Napoli, Nunzio Fragliasso – titolare dell’inchiesta sulle pattumiere della camorra – che aveva parlato delle richieste di bonifica dei territori inquinati inviate al Comune di Ercolano, alla Regione Campania e alla Città Metropolitana. Richieste rimaste senza risposta.
Una situazione ad alta tensione che – associata al dramma dei tumori sospetti registrati a due passi dalle pattumiere dei veleni – ha scatenato la rabbia e l’indignazione degli attivisti che ormai da anni combattono per la difesa del territorio.
«Le analisi chimiche effettuate hanno evidenziato il consistente superamento delle concentrazioni di contaminazione previste per i siti a uso di verde pubblico – le parole di Marco Ricci – In particolare i valori di berillo, cromo, esalvente, rame, piombo, zinco e idrocarburi pesanti. Poi diossine e amianto. I nostri amministratori e le istituzioni locali e nazionali hanno la colpa grave di affossare nel dimenticatoio tutta questa vicenda. Il giudizio di Dio arriverà anche per loro».
Un anatema che fa da eco all’appello, inviato dallo stesso sacerdote, che aveva chiesto a politici e imprenditori invischiati nel disastro del Vesuvio di «confessare i propri peccati». «Diteci dove dobbiamo scavare», aveva detto Marco Ricci dopo il funerale dei morti di tumore organizzato nella chiesa di San Vito.