Anche se le tessere del Pd le hanno fatte in una fabbrica di confetti, il caso denunciato nel quartiere di San Pietro a Patierno lascia l’amaro in bocca. Anche ai vertici del partito. Soprattutto ai cinque militanti che hanno presentato il ricorso. Un caso spinoso, reso ancora più allarmante dalle reazioni che si sono scatenate dopo che Metropolis ha tentato di vederci chiaro, interpellando i diretti interessati per verificare, come impone il codice deontologico, l’indiscrezione di corridoio. E allora, apriti cielo. Il segretario di circolo invia in redazione un’arrogante diffida a pubblicare la notizia, minacciando querele prima ancora della pubblicazione del servizio. E qualche ora dopo il presidente della commissione di garanzia sostiene di non sapere nulla dell’esposto che segnalerebbe a Roma una vicenda imbarazzante. E invece la denuncia inviata alla commissione di garanzia per il tesseramento del Pd a Napoli c’è, eccome. Protocollo numero 113|2017. Data: 15 settembre 2017. Cinque firmatari: Antonio Esposito, Gennaro Cappiello, Ciro Iodice, Anna Donnarumma, Orlando Esposito. E non l’unica inviato alla Federazione provinciale e alla commissione di garanzia provinciale. Oltre a San Pietro a Patierno ci sono anche i casi di Ercolano (con la sede trovata chiusa nei giorni del tesseramento) e di quattro comuni del nolano: Tufino, Roccarainola, Saviano e Comiziano. Un dossier, come anticipato da Metropolis, che è già nelle mani di Alberto Losacco, il garante nazionale inviato da Renzui nella faida napoletana.
La denuncia: tessere e confetti
“Di fronte ad atteggiamenti così prevaricatori e prepotenti dopo avergli gridato in faccia che il partito democratico non era di loro proprietà siamo stati costretti ad andare via”. Sono le parole che si leggono nel ricorso presentato da Antonio Esposito, Gennaro Cappiello, due militanti storici provenienti dalle fila del Pci, Ciro Iodice, Anna Donniacuo e Olindo Esposito che giovedì 14 settembre alle ore 18 si recano nella sede indicata dal circolo di San Pietro a Patierno a Napoli per tesserarsi. L’indirizzo è via Grecale numero 25, presso una fabbrica di bomboniere. Tessere e confetti:. Non solo come denunciano nel ricorso “la sede per le adesioni al Pd era stata collocata in un ufficio privato in una fabbrica di bomboniere”, ma anche “in una zona isolata al di là dell’aeroporto a parecchi chilometri dal centro del quartiere”. Ci arrivano, non senza difficoltà, e non trovano il segretario del circolo, Marco Marotta, ma, si legge nella denuncia, “i signori Mauro Marotta (fratello del segretario), Pasquale Sannino e un giovanotto che si è qualificato come componente della commissione per il tesseramento”. A quel punto, c’è scritto nell’esposto, chiedono di sottoscrivere il modello di adesione. “Ma con fare intimidatorio – scrivono i cinque militanti – affermano di poterci concedere una sola adesione e che se non ci stava bene potevamo andare via”. Spiega Olindo Esposito al telefono: “A me non importa entrare nella guerra tra fazioni Pd, ma è evidente che avevano più interesse a non far tesserare che il contrario”.
La diffida a pubblicare la notizia
Quando inizia a circolare la notizia dell’esposto, Metropolis interpella a telefono il segretario del circolo, Marco Marotta. La risposta è lapidaria: “Non devo dire nulla ai giornali”. Anzi, a tratti comica: “Il Pd è un organismo privato, non devo dare spiegazioni a voi, né voi siete autorizzati a interessarvi di queste questioni non rappresentando alcun organo del partito. Non vi permettete di telefonare mai più”. E giù il telefono. Fin qui, nulla di nuovo. Allergia al confronto. Dito puntato contro la stampa. Desiderio di non far sapere. Ci siamo abituati. Del resto i giornalisti sono nell’era degli attacchi di Vincenzo De Luca e delle battute squallide di Beppe Grillo. Ma passano poche ore e prima ancora che la notizia possa finire sul giornale, arriva in redazione una diffida ‘preventiva’ a firma dell’avvocato del signor Marco Marotta, che si chiama Mauro Marotta, un nome che compare anche nell’esposto firmato dai cinque militanti il 15 settembre scorso.
L’imbarazzo del presidente Almanza
Poche ore dopo, mentre nel partito si apre la caccia all’esposto, il presidente della Commissione di garanzia provinciale, Franco Almanza, prova a far rientrare il caso e interviene spontaneamente sull’episodio. “Attenti con questo ricorso, si tratta di una fake news, non c’è alcuna denuncia. Se ci fosse io l’avrei saputo”. Ma il ricorso c’è e come, presentato il 15 settembre all’attenzione della Commissione di garanzia provinciale con tanto di timbro «per ricevuta» della Federazione provinciale Pd. Dentro c’è scritto: “Ci rivolgiamo alla Commissione di garanzia e a chi ha la responsabilità del regolare svolgimento del tesseramento perché intervenga, ponga fine a quanto denunciato, prenda provvedimento nei confronti di chi ha calpestato ogni regola democratica” chiedendo poi di indicare “un luogo idoneo, una nuova commissione o un commissario per il tesseramento”. Ma, viste le premesse, è più facile che diano loro una bomboniera ricordo. Con dentro i confetti, ovviamente.