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Raimondo Marino, una carriera senza compromessi
SPORT
13 ottobre 2017
Raimondo Marino, una carriera senza compromessi
metropolisweb

Se hai giocato 100 partite nel Napoli proprio scarso non devi essere e Raimondo Marino non lo era affatto.

Difensore ambidestro, poteva essere utilizzato anche da centrale. Messinese, classe 61, ha iniziato nelle giovanili partenopee prima con Sormani e poi con Mariolino Corso. Ha esordito in prima squadra nel 79 in un Inter – Napoli dove gli tocca l’ingrato compito di marcare “Spillo” Altobelli che segnerà la rete decisiva.

A Napoli gioca dal 79 all’86 con una breve interruzione di un anno in prestito in serie B col Catanzaro dove trova Corso ad allenare ma un turbolento spogliatoio.

Dall’84 gioca con il Maradona pre-scudetto. Marino definisce il grande Diego come “inarrivabile” un grandissimo giocatore ma anche grande uomo.

Va via da Napoli proprio l’anno dello scudetto ed è questo il suo più grande rammarico. Si disse che Ottavio Bianchi non lo ritenesse indispensabile al suo progetto. In realtà, il presidente Ferlaino decise di sacrificare Raimondo, che aveva molto mercato, per comprare Francesco Romano dalla Triestina.

Il centrocampista fu uno degli artefici dello scudetto e non fece rimpiangere Eraldo Pecci, geniale ma troppo lento.

Marino va alla Lazio e gioca tre buonissime annate. E’ tra i protagonisti del pareggio che, nel maggio dell’88 decreterà la retrocessione del Catanzaro. I biancocelesti rimasero segregati nello spogliatoio per diverse ore per sottrarsi al lancio di oggetti (si parlò anche di una lavatrice) da parte dei tifosi calabresi che forse si aspettavano da lui, in quanto ex, un “minor impegno”.

Il passaggio al Lecce è l’inizio di una parabola discendente. Lecce e poi Messina, a volte vittima di strani giochi all’interno delle società.

A L’Aquila, dove finisce la carriera di calciatore e inizia quella di allenatore.

Nessuna grande occasione e qualche disavventura. Si racconta che da allenatore delle giovanili del Napoli fu rinchiuso nello spogliatoio da un malavitoso, padre di un giovane calciatore che Marino non faceva giocare perché scarso.  Comunque, da allenatore, ha scoperto Pellè e valorizzato Candreva.

Il mondo del calcio è fatto di compromessi e di “cordate”, Raimondo, però, ha preferito restare coerente con i propri principi morali. Oggi ha una scuola calcio ed insegna a ragazzi che a calcio si “impara” prima col “pallone” e poi con gli schemi.

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