Come se non fosse successo nulla. Riammesse tutte le 128 tessere Pd pagate on line con un’unica carta, quella del presidente del Consiglio comunale di Castellammare, Eduardo Melisse. Un caso anticipato da Metropolis e diventato nazionale: esploso lo scandalo, il partito da Roma inviò a Napoli, il garante Emanuele Fiano che annullò tutte le iscrizioni. Ora la commissione regionale di garanzia ribalta quella decisione e riaccetta i 128 iscritti. E lo fa a pochi mesi dal Congresso: così gli stessi, a cui il partito nazionale aveva vietato di far parte dell’anagrafe degli iscritti e quindi di votare alle Primarie per il segretario nazionale, ora invece potranno scegliere il prossimo segretario provinciale a Napoli. E’ la solita sceneggiata Pd. Esplode il caso tesserificio di turno, Roma invia il commissario, i dirigenti del partito locale annunciano sanzioni durissime per i ‘colpevoli’. Passano i mesi, la bufera e tutto torna come prima.
La rivincita di Melisse
“Alla fine avevo ragione io, il partito dovrebbe solo ringraziare che nonostante la crisi che lo attraversa ci sono ancora iscritti così determinati a farne parte”. A parlare è quello che per mesi è stato l’uomo delle tessere in stock, finito sotto i riflettori nazionali. Eduardo Melisse commenta così il ricorso vinto dai suoi 128 sostenitori, a cui pagò on line con una carta prepagata l’iscrizione al partito. Violando in questo modo il regolamento del Pd: ogni pagamento deve essere effettuato dal diretto interessato, che al massimo può pagare la tessera per il padre, il figlio o il congiunto. Questo per garantire che l’iscrizione sia consapevole. “In quei giorni – ribadisce ancora una volta Melisse – ho solo dato un aiuto ad amici e sostenitori che non sapevano come iscriversi e che credono nel Pd perché hanno fiducia in me. Basti pensare che quando sono finito sulla graticola volevano organizzare un corteo per me”.
Il ricorso
Si opta invece per il ricorso: ognuno dei 128 lo ha presentato individualmente alla Commissione regionale di garanzia, spiegando di far parte insieme agli altri amici e compagni dell’ “Associazione civile per Stabiae” che alle ultime elezioni amministrative ha sostenuto la lista Pd, contribuendo all’elezione di Melisse. “La richiesta di iscrizione ‘incriminata’ – si legge nel ricorso – e il pagamento di 15 euro è il frutto di un percorso politico individuale condiviso con una comunità di cittadini che chiede di poter contribuire alla rinascita del partito a Castellammare”. E ancora: “Il pagamento della quota di adesione da un’unica carta non inficia la regolarità della mia iscrizione perché è semplicemente una scelta operativa per semplificare la procedura, in particolare per le persone anziane”.
La formula dell’associazione e le quote
Tutti i 128 scrivono le stesse parole, una sorta di dichiarazione di intendere e di volere in cui individuano Melisse semplicemente “il rappresentante istituzionale che ha provveduto a versare le quote sulla sua carta prepagata”. Per averla vinta gli iscritti chiamano in causa l’articolo 49 della Costituzione secondo cui “tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente” chiedendo così l’annullamento della decisione romana e annunciando in caso contrario di aderire tutte le vie legali, anche per la restituzione delle somme versate che senza iscrizione diventerebbero appropriazione indebita. Ma non si arriverà a tanto perché la Commissione dà loro ragione.
La vendetta al Congresso: Melisse contro Topo e Raja
Una decisione presa quest’estate e tenuta sotto silenzio che viene fuori solo ora per la guerra di tessere tra ex Dc ed ex Ds. Melisse un tempo fedelissimo di Lello Topo e Loredana Raja ora potrebbe passare dall’altra parte della barricata e lo si evince dal fatto che a contestare la decisione del regionale sono proprio gli ex Dc. “Non ho ancora deciso chi sosterrò – risponde Melisse -, ma una cosa è certa: ho sostenuto Topo e Raja alle regionali dopo di che non li ho più visti e sentiti”. “Finito sulla gogna, sono stato abbandonato dal partito – aggiunge – ma per fortuna ho tanti amici e sostenitori, sono sempre uno che è stato eletto con mille voti”. Il messaggio è chiaro e la vendetta è un piatto che va servito freddo. E al Congresso.