Napoli- Juve non è mai solo una partita di calcio. Persino il match a campo inverso non ha lo stesso sapore perché la massima aspettativa della Torino bianconera è per altri scontri. La particolarità di Napoli-Juve non è nello scontro tra Nord e Sud, e, forse, nemmeno negli intrecci delle storie calcistiche delle due squadre. Napoli-Juve è la “singolar tenzone “di due visioni del calcio e della vita. La Juve è la squadra azienda: ruoli precisi e definiti. Il Napoli è considerato, nonostante le aspirazioni di De Laurentis, l’emblema dell’occasione persa per poco. “Razza padrona” contro “razza sprecona”. Mille sono le differenze tra le due compagini, differenze che diventano, a volte, contrapposti stili. Differenze che vengono da lontano: la Juve è “la continuità” (è stata sempre della famiglia Agnelli), il Napoli ha vissuto mille stagioni, spesso finita in mani molto spregiudicate. Ancora oggi la Fiat è l’azienda che determina molte scelte politiche in Italia, mentre la Filmauro si occupa di effimero e svago. Al San Paolo, la partita con la Juve è un evento che travalica il fatto sportivo. Negli anni 50, moltissimi sono partiti dal sud per trovare un futuro nelle catene di montaggio di Mirafiori. Molti sono diventati juventini, per spirito aziendalistico e per l’insano desiderio di sentirsi vincenti. Oggi quello strano destino si è interrotto e Torino non è più una meta di riscatto per vite disperate. La Juve resta, però l’emblema della tracotanza padronale che ha cambiato vite e “sviato” trofei. Il Napoletano, che non si riconosce per natura, nelle scelte dell’establishment, si sente voce fuori dal coro, anche in campo calcistico. Oggi non cerca più riscatto ma esige rispetto.
La sfida del San Paolo del 1 dicembre ha un sapore inaspettato. Il Napoli corre, la Juve insegue: non è successo molte altre volte nella storia del nostro calcio. E se la Juve sembra programmata per dare il meglio di se a primavera, quando le partite valgono trofei, il Napoli non sa “aspettare”, deve dimostrare, da subito, la sua forza per alimentare le sue ambizioni. La Juve è la Zebra, animale elegante ma lontano, il Napoli è il Ciuccio, animale plebeo, caparbio e indispensabile. Lo stadio di Torino è un salotto autocelebrativo, quasi riservato. Il San Paolo è il “catino” che fa tremare tutta Fuorigrotta per un gol. Allegri va in panchina in giacca e cravatta, Sarri in tuta, in un simbolismo vagamente politico. E se, un anno fa, la Juve strappa a suon di milioni Higuain al Napoli, Sarri s’inventa Mertens centravanti: l’arte di arrangiarsi con quello che si ha. Napoli-Juve è anche Marchisio contro Insigne: il Principino piemontese contro lo Scugnizzo napoletano. Il bianco e nero contro il colore (del cielo).
La partita, qualunque risultato ne scaturisca, non dirà parole definitive sul campionato ma potrebbe alimentare un sogno o riportare alla realtà. In fondo tutto si gioca tra la prevedibile forza di 33 scudetti e la imponderabile speranza del Terzo.