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Quei migranti accolti nei centri della vergogna
CRONACA
30 novembre 2017
Quei migranti accolti nei centri della vergogna
metropolisweb

Sulla carta ognuno di loro ‘vale’ 30 euro al giorno, nella realtà sono trattati come se non valessero nulla. Migliaia di euro al mese per centri di accoglienza lager. Fondi stanziati per ospitare i migranti – quasi 4mila a maggio del 2017 –  e che forse, invece,  finiscono nelle tasche di chi li ospita. Un business ‘aiutato’ dalla mancanza di ispezioni e controlli, un secondo inferno per ragazzi scappati dalla guerra e dalla fame.

I centri lager

In tutto cento i  cas distribuiti tra Napoli e provincia. In molti casi edifici fatiscenti, senza neanche gli allacci per le utenze. Gli immigrati vivono in condizioni disumane, a volte senza acqua, né riscaldamento. Più ne sono, più fruttano: in una stanza anche fino a quaranta persone. Ammassate come i panni per terra, perché non ci sono armadi. Quei pochi abiti che hanno: per mesi alcuni di loro sono rimasti con gli stessi vestiti di quando sono sbarcati, perché non sono stati dati loro neanche biancheria e indumenti nuovi. In alcuni casi il male minore: ci sono centri dove a ora di pranzo i migranti sono costretti a farsi la guerra per non finire in fondo alla fila. Gli ultimi venti infatti restano senza cibo, spesso pessimo e identico per settimane. A volte si varia solo tra riso e pasta. Pessime anche le condizioni igienico sanitarie, tra scarafaggi, pareti umide e vecchi materassi gettati sul pavimento sudicio. In una stanza fino a 16 wc, sporchi per giorni perché non ci sono operatori che puliscono. Così come mancano i mediatori, l’assistenza legale e sanitaria.

Minacciati e sfruttati nei campi

Minacciati se denunciano e sfruttati nelle campagne. In alcuni centri la fa da padrone il caporalato agricolo. I ragazzi, a cui vengono fornite anche biciclette fuori ad alcuni centri, sono mandati per giornate intere a lavorare nei campi di pomodori e patate nella campagne di Napoli e provincia. Decine le testimonianze di soprusi e maltrattamenti, tanta la paura di ritorsioni. “Siete andati da Jamal alla Cgil? Forse non avete capito, qua le leggi le faccio io. Voi non siete nulla, per uno che se ne va, ne arrivano altri milioni dall’Africa”: sono le parole registrate in un’intercettazione all’hotel San Giorgio a Napoli, dove a gestire l’accoglienza dei migranti è la Croce Rossa. Per altri è andata molto peggio, come al 19enne immigrato dal Gambia ferito a colpi di pistola da uno dei proprietari del centro di accoglienza in Gricignano d’Aversa. Alcuni hanno anche denunciato di essere segregati di sera: dalle dieci in poi le stanze vengono chiuse a chiave.

La vergogna da Napoli a Terzigno

Centri che sorgono spesso in zone isolate, che non favoriscono di certo l’integrazione ed anche pericolose come Villa San Giuseppe a Giugliano, adiacente ad una strada provinciale ad alta velocità a due corsie che fiancheggiano la tangenziale, a scorrimento veloce. Sette ragazzi sono rimasti feriti in incidenti stradali ed uno di loro, Doibbi Dgerra ha perso la vita a maggio, investito da un’auto. Nessuna assistenza medica: nello stesso centro un altro ragazzo, Abudu Arrona, nato in Ghana, è  morto ad agosto. Alcuni dei suoi compagni, come Abudu Arrona, hanno denunciato che da mesi aveva forti dolori all’addome e chiesto visite e assistenza medica, mai ricevute. Tra i centri con le peggiori condizioni Villa Angela a Terzigno che accoglie ben 240 immigrati con finanziamenti mensili di circa 230mila euro.

La denuncia dell’ex Opg

Casi denunciati dagli attivisti dell’ex Opg che dal 2016 portano avanti un’azione di controllo e monitoraggio sui centri di accoglienza straordinaria, subendo anche loro minacce, come hanno raccontato. In un dossier, presentato ieri, con foto, video e testimonianze hanno documentato le condizioni in cui sono tenuti i migranti in 9 cas di Napoli e provincia. Annullato l’incontro previsto nel pomeriggio in Prefettura per chiedere controlli e la chiusura immediata di tre centri: l’hotel San Giorgio a Napoli, Villa Angela a Terzigno e Villa San Giuseppe a Giugliano.  “Centri che molto spesso – dice Saverio, uno degli attivisti – sono paragonabili ai campi libici”.

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