A dire il vero il suo nome sembra, oggi, quello di uno degli esilaranti personaggi di Totò (Antonio La Trippa o Antonio La Quaglia) eppure Antonio La Palma, brindisino classe 1951, ha vissuto stagioni importanti in serie A col Napoli. Luis Vinicio lo aveva allenato nel Brindisi e decide di chiamarlo a Napoli quando compie la svolta “olandese”. Dall’Inter arriva il veterano Burgnich e il Napoli si schiera con la zona totale. La Palma è indispensabile in copertura ed è ideale per la spinta a sinistra. Antonio è molto veloce e i tifosi lo considerano un emulo calcistico del suo conterraneo Pietro Mennea. Il calcio è un ambiente molto conservatore ed ogni innovazione tattica, non suffragata da costanti risultati positivi, viene etichettata come stravaganza. Gianni Brera fu uno dei detrattori di quell’esperimento vincolato alla sua idea che per la “genetica” italiana è più indicato un gioco “sparagnino”.
La Palma non si limita a contenere l’ala destra, ma (come si dice oggi) attacca gli spazi, costringendo l’avversario alla fase difensiva. E’ “l’uomo in più” capace di spingere e crossare. Vinicio caldeggia una sua convocazione in Nazionale ma Fulvio Bernardini non va oltre una chiamata senza farlo scendere in campo.
Si racconta che Vinicio sfidò Bernardini ad un match Nazionale vs Napoli. La partita non fu mai giocata e forse, a posteriori, fu un peccato, visti i pessimi risultati delle “idee” di Bernardini.
La favola di Vinicio durò due anni. Non ci fu il supporto economico per migliorarsi. Anni dopo Arrigo Sacchi poté contare sui soldi di Berlusconi per giocare all’olandese con gli olandesi. Vinicio dovette fare l’autarchico. Anche La Palma ebbe un calo nelle prestazioni. Ad Antonio venne rimproverata una, mai confermata, relazione con la prosperosa attrice napoletana Angela Luce.
Dopo una sola partita coll’Avellino torna in Puglia, dove, a fine carriera, comincia come allenatore senza grandi successi.
Non sarebbe una eresia dire che Antonio La Palma è stato l’erede sulla fascia di Facchetti. Solo, dopo molti anni, Antonio Cabrini ha reinterpretato quel ruolo diventandone il migliore esempio al mondo.
Forse La Palma, oggi, giocherebbe in una squadra di prestigio internazionale