Investire nelle scuole, puntare sulla formazione e sulla cultura. Perché abbassare la punibilità, magari a 12 anni, non serve a nulla. L’unica cosa che può tornare utile, magari, è concedere alla polizia giudiziaria la possibilità di arrestare i minori anche per reati con pene inferiori a nove anni come invece oggi impone il codice. E’ questa la ricetta messa a punto da Luigi Riello, procuratore generale di Napoli durante le cerimonie per il nuovo anno giudiziario. Così, al di là dei dati dei reati che indicano un calo – omicidi passati da 63 a 33 di cui 26 legati alla criminalità organizzata – riduzione delle pendenze nel settore civile (4 per cento), aumento nella stessa percentuale nel settore penale, riduzione dei processi conclusi per prescrizione (da 39 a 27,6 per cento) – si punta l’attenzione sulla criminalità che coinvolge i minori e sulle contromisure adeguate da attuare a stretto giro. «Quello delle baby gang – secondo il presidente della Corte di Appello di Napoli Giuseppe De Carolis de Prossedi – è un «fenomeno non nuovo che ha assunto negli ultimi tempi connotazioni di particolare gravità, quasi una sorta di evoluzione criminale del bullismo». Fenomeno che non deve essere sottovalutato e che deve richiamare l’attenzione delle istituzioni. Anche se i dati attestano una diminuzione dei reati commessi dai minori, si è registrato «un aumento della gravità e della pericolosità sociale degli episodi criminosi» che hanno colpito «apparentemente a caso in tutte le zone della città». Appare importante in funzione preventiva «la lotta alla dispersione scolastica» e il richiamo dei genitori «alla loro doverosa e insostituibile responsabilità educativa». Eppure è l’escalation di terrore firmato dai minori a inquietare Napoli e dintorni. Negli ultimi due anni sono state messe a segno ben 52 stese in cinque diversi quartieri della città. Certo, cala il numero complessivo dei procedimenti a carico di minorenni (-24) ma aumentano quelli per associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di droga, reati contro il patrimonio. Il procuratore generale Luigi Riello ha affermato che la violenza giovanile «non si risolve solo con la falce della repressione». Occorre schierare «un esercito di insegnanti e una scuola che funzioni», e comunque «fermezza e recupero non sono concetti tra loro confliggenti». Riello dice no a una visione ‘’carcerocentrica’’ e si schiera a favore di misure alternative. «Non credo – ha aggiunto – sia necessario abbassare l’età imputabile». Il pg ritiene, tra l’altro, si debba modificare la normativa in materia di inosservanza dell’obbligo scolastico «punita con una irrisoria pena pecuniaria» ed «estendere il potere di arresto del minorenne da parte della polizia giudiziaria, oggi limitato ai delitti per i quali è prevista la reclusione non inferiore ai nove anni, e le ipotesi di accompagnamento di minori colti in flagranza allo scopo di evitare che la polizia giudiziaria di sovente costretta a riaffidare il giovane alla famiglia pur di fronte a condotte particolarmente gravi quali la resistenza a pubblico ufficiale, lo spaccio di droga e la detenzione di arma da sparo».
CRONACA
28 gennaio 2018
Napoli, l’inferno baby gang Riello: «Investire nelle scuole»