L’INIZIATIVA Gli alunni-giornalisti del Liceo Severi raccontano il territorio in cui vivono nell’ambito di un percorso di formazione svolto sia in classe che nella redazione di Metropolis. In questa pagina, e in quelle che seguiranno nei prossimi giorni, ecco come vedono le città di Castellammare e Vico Equense.
Segnaletica assente, strutture e campi sterrati sulla collina, l’ingresso del sito archeologico indicato con un solo cartello imbrattato da scritte con vernice spray. Questa la situazione degli Scavi di Stabia, abbandonati al loro destino nonostante i dipendenti affermino di aver inoltrato più volte richieste al Comune di aumentare la segnaletica stradale.
I turisti che giungono al sito archeologico pensano di essere nel posto sbagliato. Si ritrovano di fronte ad un enorme piazzale con due prefabbricati totalmente isolati, la cui unica indicazione è una freccia disegnata sul muro che conduce ad una strada sterrata. Proseguendo i visitatori sono circondati da una serie di vecchie abitazioni e infastiditi da versi di animali, come cani e galline che fanno da sottofondo. Non trovando l’entrata del sito l’unica soluzione è provare a chiedere informazioni a qualche contadino impegnato a zappare la terra sulla collina di Varano. Arrivando all’ingresso degli Scavi si trova una biglietteria, ma non occorre acquistare un ticket, le presenze vengono segnate su un quaderno blu che funge da registro.
Accanto al registro si trovano degli opuscoli molto riduttivi che spiegano superficialmente la storia di Stabia e del sito in generale. Anche provare a rivolgere qualche domanda agli addetti ai lavori del sito archeologico diventa complicato. Il custode rimanda a un’addetta al servizio sicurezza e se si entra troppo nei dettagli, il rischio è quello di sentirsi rispondere: «Potete cercare le informazioni su internet».
Una situazione di disagio per i turisti alla quale ormai sembrano essersi abituati anche alcuni dipendenti: «Castellammare è un circuito minore, quasi di nicchia, ma anche le guide non giudicano positivamente le condizioni in cui versa il sito», spiega uno degli addetti al settore amministrativo, che sembra non essersi accorto della voragine presente in un muro della villa. Al suo fianco c’è un altro collega, che esalta la qualità dei visitatori che arrivano al sito archeologico: «Qui abbiamo un turismo d’élite – afferma – Gli scavi non fanno ancora parte dell’Unesco, anche a causa della mancanza di volontà di tutti coloro che sono coinvolti, siccome non vogliono lavorare insieme per raggiungere questo obiettivo comune».
Senza la possibilità di avere dettagli sulle caratteristiche del sito e delle ville d’otium, l’unica scelta per effettuare una visita è quella di servirsi dell’opuscolo come fonte d’informazione e forse anche questo determina il fatto che in un giorno primaverile ci siano solo due visitatori all’interno degli Scavi di Stabia.
All’uscita, dopo aver fatto firmare il registro per annotare la presenza, i dipendenti del sito si avvicinano ai turisti e chiedono: «La visita è stata di vostro gradimento?». La risposta è decisamente scontata: «Il patrimonio artistico e culturale è incantevole, il contorno è deprimente».