Torre del Greco. Dalla sua abitazione di via San Giuseppe alle Paludi – lo storico rione del clan a due passi dalla zona porto – aveva raggiunto il cimitero per pregare sulla tomba del padre, morto nel 2014. Un momento di raccoglimento bruscamente interrotto dalla vedova di un pregiudicato, pronta prima a insultare e poi a picchiare l’uomo. è il film dell’orrore vissuto da Vincenzo Parri, invalido di 45 anni, all’interno del camposanto cittadino: un’aggressione shock scattata davanti a diversi testimoni e subito denunciata ai carabinieri della stazione Capoluogo di viale Campania.
Il racconto dell’orrore
A innescare la furia della donna – secondo il racconto messo a verbale dalla vittima – sarebbe stata la pensione di invalidità percepita da Vincenzo Parri: «Mi ha chiamato mongoloide e mi ha accusato di “rubare” la pensione perché, a suo giudizio, non sono malato – la ricostruzione del movente alla base del raid – Ho risposto per le rime, ricordando come lei percepisse l’assegno di vedovanza». Una reazione capace di scatenare la furia della donna, pronta a colpire l’invalido con tre calci all’addome e sei schiaffi e a lanciare un lumino contro il viso del quarantacinquenne. «Poi mi ha detto che non mi avrebbe fatto più entrare al cimitero – il ricordo della vittima, in evidente stato di agitazione – perché tramite le sue “amicizie” mi avrebbe fatto seppellire vicino a mio padre». Tutto denunciato, dopo un passaggio obbligato al pronto soccorso dell’ospedale Agostino Maresca per le cure del caso, ai militari dell’Arma guidati dal capitano Emanuele Corda.
Il sequestro e le botte-bis
Tutto denunciato, ma tutto inutile. Perché a 24 ore dalla prima aggressione è scattata la «vendetta» dei familiari della donna: Francesco Parri veniva invitato dal titolare di un’officina all’interno del suo locale, dove c’era il compagno della cognata della protagonista del raid al cimitero. Neanche il tempo di capire di essere finito in trappola – le porte dell’officina venivano immediatamente chiuse per impedire la fuga del quarantacinquenne – e l’invalido veniva raggiunto da una serie di schiaffi e pugni al volto, prima di essere sbattuto contro la parete dove c’erano gli attrezzi da lavoro. Un incubo durato diversi minuti, concluso con una seconda «visita» al pronto soccorso dell’ospedale Agostino Maresca e a una seconda denuncia ai carabinieri della stazione Capoluogo. Un verbale in cui, senza paura, la vittima indicava le circostanze del secondo agguato e i protagonisti del linciaggio.
L’appello alle istituzioni
«Vivo in una realtà difficile come via San Giuseppe alle Paludi – l’appello dell’invalido – e sono rimasto solo, dopo la morte dei miei genitori. Soltanto perché non sono sposato, la gente del rione mi apostrofa come “ricchione” e mi chiama mongoloide. Ma non sono stupido, sono solo malato come certificato dall’Asl Napoli 3 Sud. Sono una persona onesta, ma sono stufo di essere quotidianamente vittima di aggressioni e insulti. Ho già tentato il suicidio una volta: chiedo, a chi di competenza, un aiuto per fermare la spirale di odio da cui viene travolto chi soffre della mia patologia».