Colpisce, purtroppo assai negativamente, la concomitanza tra due notizie riguardanti l’una, come ha riportato Metropolis, la scomparsa della sezione (o comparto, o spazio) dedicata all’Italia, e dunque all’olocausto italiano, presente nel campo-museo di Auschwitz ed evidentemente trascurato e lasciato andare in malora dal Paese che avrebbe dovuto averne cura; l’altra, la non presenza, o irrilevanza, della traccia di argomento, o tematica, attinente alla storia tra quelle predisposte e proposte alla scelta degli studenti che affronteranno gli esami di maturità dal prossimo giugno 2019. Credo sia doveroso precisare subito, in merito, che intervistato dalla Rai sul punto in questione, il Presidente della Commissione (docente universitario di storia della lingua italiana) incaricata di riformare l’esame in questione, ed a ciò delegata dalla ministra Fedele – componente del passato governo Renzi – ha tenuto a sottolineare che le cose non stanno esattamente così, e che addirittura tre delle sette, o otto, tracce messe a punto, conterrebbero elementi, spunti, richiami di natura storica.Potrebbe anche darsi che a linguisti e a letterati il tema storico suoni come improprio rispetto agli obiettivi, forme e modi, cui dovrebbe corrispondere il “tema d’italiano”, ma in ogni caso la questione resta. E si tratta di una questione assai seria, che chiama in causa un più generale processo (dis)educativo e (dis)formativo in atto, che indebolisce il bagaglio di saperi e contenuti, in nome dell’acquisizione di competenze legate e veicolate dalle nuove tecnologie. In parole povere: meno filosofia, meno geografia, meno storia, meno storia dell’arte, e via dicendo, producendo autentici «vuoti di memoria», perdita di consistenza del patrimonio di idee, incremento dell’ancoraggio, che diventa pressocchè esclusivo, al presente, alla dimensione del qui ed ora, senza il più che opportuno, e anzi necessario, collegamento con il passato e con il futuro.Insomma, la dimensione temporale e quella spaziale, sacrificate proprio quando sarebbe stato e sarebbe andare nella direzione di un loro rafforzamento assoluto.È il caso di ripetere, ancora una volta, che la memoria è un diritto, che la memoria è un bene comune, che la memoria ha a che vedere con il presente e con il futuro, persino più che con il passato.Se per un verso, è vero che noi siamo ciò che ricordiamo, per altro verso dobbiamo essere consapevoli che la memoria costituisce un progetto di vita, un attributo del futuro (come ha ripetuto di recente Massimo Recalcati). Per giunta, è bene riflettere che i “vuoti di memoria” sono destinati ad essere comunque riempiti, da scemenze, falsità, approssimazioni che rischiano di apparire più facili e più allettanti.Vogliamo essere umani sempre più somiglianti a dei robot, o non desideriamo, piuttosto, conservare e praticare la splendida massima di una straordinaria poetessa che recita: «l’arte dal vero; la musica dal vivo; la persona, di persona »; a cui vorrei aggiungere: «e la storia?la storia, con la mente e con il cuore».
Guido D’Agostino