Bari – Sarebbe stata lei ad amministrare un gruppo “WhatsApp” chiamato “Panda”, oltre ad aver partecipato alle chat di altri gruppi analoghi denominati “Disastro”, “Disagio” e “Deupolcuassassino” e al gioco “NoStranger”. La ragazza aveva anche un account “Instagram” dove aveva pubblicato immagini “allarmanti ed angoscianti”, dicono gli investigatori, tra cui la foto di una stazione ferroviaria con treno in transito, e frasi come “soffro”, “sto male”, “voglio morire”. Analoghe frasi sono state rinvenute nel suo diario scolastico, al cui interno era contenuto un biglietto manoscritto con la frase di addio che avrebbe lasciato alla madre il giorno del suicidio. Le indagini sono cominciate dopo la segnalazione alla polizia da parte di alcune amiche della ragazza. I poliziotti, dopo aver informato i genitori, hanno ascoltato la ragazza e accertato che da qualche mese trascorreva molto tempo al telefono cellulare, non usciva, si attardava ad andare a dormire ed era diventata particolarmente taciturna.
La mamma, qualche giorno prima dell’intervento della Polizia, aveva notato alcuni segni sulle braccia della figlia che però aveva addebitato ai graffi del gatto di famiglia. Lei stessa, poi, ha ammesso di essersi procurata i tagli con la lametta di un rasoio e di aver inviato le immagini dei gesti autolesivi ad un’amica di scuola. Le indagini si sono avvalse anche di verifiche tecniche sul suo telefono cellulare, che hanno consentito di risalire all’elenco dei partecipanti ai gruppi WhatsApp e, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, sono state interessate le Questure di Marche, Campania, Emilia Romagna, Sardegna, Abruzzo, Lombardia, Calabria, Puglia, Lazio, Toscana, Basilicata, Piemonte e Veneto, le quali hanno poi proceduto all’ascolto dei minorenni ed all’escussione dei loro genitori, appurando che altre quattro giovanissime ragazze erano inserite pienamente nel gioco ad un livello avanzato. Si tratta di tutte ragazze adolescenti tra i 12 e i 15 anni, dal carattere introverso, scarsa vita sociale, attaccamento morboso al telefono cellulare e partecipazione a numerosi gruppi WhatsApp e profili Instagram, e che negli ultimi tempi avrebbero manifestato il proprio malessere con gesti di autolesionismo. La tredicenne della provincia di Bari era arrivata ad un livello già molto avanzato del gioco, al termine del quale è previsto il suicidio. In chat sono state scoperte foto e annunci di morte. In tutta Italia sono almeno trenta gli adolescenti coinvolti negli ultimi sei mesi nel “gioco mortale” Blue Whale che avrebbero partecipato alle chat amministrate dalla 13enne barese, vittima lei stessa del gioco e ora indagata per istigazione al suicidio.
Alla loro identificazione, si tratta prevalentemente di ragazze, sono giunte le Questure di tredici regioni dopo la segnalazione della magistratura minorile barese, che per prima ha avviato l’indagine, coordinata dalla pm Caterina Lombardo Pijola. “Il problema esiste, – sottolinea il procuratore dei Minorenni Ferruccio De Salvatore – e già in passato ci siamo imbattuti in altri casi simili in provincia di Bari. Bisogna fare molta attenzione e collaborare con le autorità scolastiche e con le famiglie per individuare gli indici di rischio”. “Il fenomeno Blue Whale – spiega la Polizia in una nota – è un gioco pericoloso che si snoda attraverso una serie di 50 azioni pericolose proposte come sfida, in cui un curatore, che allo stato risulta essere una figura virtuale, suggestiona i ragazzi manipolando la loro volontà sino ad indurli al compimento di gesti estremi: camminare sulle linee ferroviarie ad alta velocità, stare in bilico su cornicioni e palazzi, attraversare di notte strade e autostrade particolarmente trafficate”. Molte di queste azioni la 13enne barese le aveva già cominciate, arrivando anche a mettere sveglie notturne per guardare film dell’orrore e ascoltare musiche sataniche.