Torre del Greco. Si è visto cancellare l’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio, ma resta ugualmente sottoposto al divieto di dimora in Campania. Verdetto agrodolce per Ciro Piccirillo, il politico-poliziotto finito nell’inchiesta sul voto di scambio a Torre del Greco in occasione delle amministrative del 2018: i giudici del Riesame hanno parzialmente accolto il ricorso del consigliere comunale – oggi sospeso dall’incarico e sostituito a palazzo Baronale da Maria Orlando – ma non ha revocato la misura cautelare decisa dal gip Antonio Fiorentino del tribunale di Torre Annunziata. Confermati, inoltre, i divieti di dimora a Torre del Greco per Vincenzo Izzo – il titolare della pescheria Don Do’ noto come pisiell – e per il meccanico Gennaro Savastano nonché la detenzione in carcere per Giovanni Massella e Ciro Massella, rispettivamente figlio e nipote del boss ucciso in un agguato di camorra a marzo del 2003.
La conferma dell’esilio
L’ex capogruppo della lista civica La Svolta contava di strappare al tribunale della Libertà di Napoli il via libera per tornare a casa. Invece, al momento, Ciro Piccirillo dovrà restare a Teramo – la cittadina dell’Abruzzo in cui è stato trasferito per svolgere la funzione di agente di polizia – fino a nuovo ordine. Ma i giudici del Riesame hanno , tuttavia, ulteriormente ridimensionato la posizione – già marginale rispetto al castello accusatorio costruito dal sostituto procurato Pierpaolo Filippelli – del politico-poliziotto: cancellata l’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio e mantenuta «solo» l’ipotesi di reato di favoreggiamento personale. Un verdetto accolto con parziale soddisfazione dall’esponente dell’amministrazione comunale guidata dal sindaco Giovanni Palomba: «Ovviamente, speravo di fare subito rientro a Torre del Greco – le prime parole di Ciro Piccirillo all’esito della decisione del tribunale della Libertà di Napoli – ma essere avere cancellato l’infamia dell’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio già rappresenta un risultato importante: era un peso insopportabile, perchè ho sempre rispettato la mia divisa e il mio ruolo». Un ruolo oggi svolto presso la questura di Teramo: «Mi auguro di fare rientro in città all’indomani delle elezioni europee – conclude il consigliere comunale – quando il pericolo di reiterazione del reato ventilato dai magistrati sarà sparito».
L’imprenditore e il meccanico
Ugualmente respinti i ricorsi di Vincenzo Izzo e Gennaro Savastano, sottoposti al divieto di dimora a Torre del Greco per una presunta aggressione a Stefano Abilitato – il consigliere comunale sottoposto agli arresti domiciliari e «costretto» a rassegnare le dimissioni – e a Pietro Di Cristo, indagato a piede libero. Una lite avvenuta in vico Agostinella – fortino del consigliere comunale Mario Buono, sostenuto proprio dal titolare della pescheria Don Do’ – e denunciata dallo stesso ex golden boy di Forza Italia: una ricostruzione peraltro ridimensionata da Pietro Di Cristo, eppure sufficiente a mantenere – complice la risonanza mediatica dell’inchiesta e il contesto in cui è stato registrato l’episodio – la necessità delle misure cautelari. Non è esclusa, a breve, la presentazione di un’istanza al gip Antonio Fiorentino per consentire ai due indagati «marginali» dell’inchiesta di andare almeno a lavorare presso le rispettive attività commerciali.
Gli eredi del boss
Nessuno sconto neanche per le «gole profonde» dello scandalo, le figure grazie a cui il sostituto procuratore Pierpaolo Filippelli è riuscito a mettere insieme il complicato puzzle delle dinamiche elettorali all’ombra del Vesuvio: sia Giovanni Massella sia il figlio Ciro Massella si sono visti respingere i ricorsi presentati dal proprio legale e restano dietro le sbarre del carcere di Poggioreale. Secondo l’accusa, sarebbero i vertici della «falange armata» assoldata da Stefano Abilitato e dal suo «amico fraterno» Simone Onofrio Magliacano – assessore ai tempi del sindaco Ciro Borriello e ritenuto la «mente» dell’intera operazione promossa attraverso l’assunzione di netturbini con il progetto regionale Garanzia Giovani, oggi agli arresti domiciliari – per veicolare le preferenze degli elettori in cambio di soldi e pacchi alimentari.
Indagini blindate dal Riesame
All’esito dei ricorsi presentati dagli indagati – all’appello manca solo Domenico Pesce, l’ex presidente della Turris accusato di avere distribuito tramite l’associazione Centro Onlus pacchi alimentari – l’inchiesta è stata praticamente blindata dai giudici del Riesame di Napoli. A breve, salvo ulteriori colpi di scena, l’ex pubblico ministero dell’Antimafia potrebbe chiudere le indagini e chiedere il rinvio a giudizio degli ex netturbini precari e dei colletti bianchi protagonisti di «un mercimonio elettorale indegno di un paese civile».