POMPEI – Outfit total black, occhiali da sole e sorrisi stampati in volto. Mentre un’amica scatta la foto proibita, sospesi a oltre ottanta metri di altezza, col pollice all’insù fanno il segno di vittoria. I due ucraini, finiti al centro di una relazione redatta dai vigili urbani di Pompei, che ha accesso i riflettori sul sistema sicurezza dietro la visita panoramica, si divertono mentre vengono immortalati sulla balaustra del campanile di Pompei, in piazza Bartolo Longo. Una foto pericolosa, una delle tante, finita in pasto ai social soltanto per racimolare like. Sullo sfondo gli Scavi e il Golfo di Napoli, sotto i loro piedi il vuoto. Uno scatto pubblicato in rete nonostante il caos scoppiato negli uffici del comando di piazzale Schettini e il rischio di una denuncia per procurato allarme. I tre giovani, redarguiti dai caschi bianchi, hanno diffuso online la foto dei veleni con tanto di commento. Tra smile e faccine che ridono, sembrano quasi divertiti dall’idea di aver generato un caso. «Abbiamo deciso di oltrepassare la barriera, sull’edificio più alto di Pompei, per scattare una foto col vulcano sullo sfondo. Le persone dal fondo, però, non hanno condiviso il nostro entusiasmo e hanno pensato a un tentativo di suicidio. Non lo è stato. Questa storia si è conclusa con noi finiti sui giornali di tutta Italia, con tanto di decisione di assicurare a Pompei e Firenze una recinzione aggiuntiva per evitare incidenti», scrivono in russo. Si chiude così il cerchio di una storia dai contorni inquietanti e che conferma come a Pompei, nella settimana santa, quei tre giovani- accompagnati da una donna di appena 19 anni – abbiamo messo in atto tutte le modalità di una moda che sta sposando sul web: l’extreme selfie. Il fatto Sono stati i vigili urbani a scongiurare una tragedia il giovedì santo, a Pompei, nella centralissima piazza Bartolo Longo. Allertati da alcuni testimoni, i caschi bianchi sono immediatamente saliti in cima al campanile per interrompere un gioco folle, caratterizzato da scatti e video che ritraggono situazioni pericolose. I tre – tutti ucraini – hanno spiegato in comando che si trattava semplicemente di una foto. Una versione, però, che non ha mai convinto più di tanto gli agenti, coordinati dal comandante Gaetano Petrocelli e dal capitano Ferdinando Fontanella. Per i vigili, quei tre giovani di appena 19, 20 e 22 anni stavano scattando foto in situazioni di pericolo per racimolare pochi like sui social. E’ questo l’inquietante fenomeno che si nasconde dietro il terribile gesto dei ragazzi, interrogati e segnalati al Consolato dai caschi bianchi di Pompei. Il terrore è che il giovane che studia a Rimini, insieme ai due connazionali, una donna di 19 anni e un altro di 20, è che abbiano pianificato il suo viaggio a Pompei proprio perché nella centralissima piazza c’è uno dei campanili tra i più alti in Italia. Una tesi, in parte, che lo stesso ragazzo, che parla perfettamente italiano, ha confermato agli agenti: «Stavamo scattando soltanto un selfie, non stavamo facendo nulla di male». Una frase che ha quasi lasciato impietriti i vigili, che sono arrivati fino in cima per salvare quei tre ragazzini che stavano sfidando la morte per raccogliere consensi sui social. Quei terribili minuti, nei quali il giovane è quasi sospeso sulla balaustra del campanile con le braccia aperte (scatto non pubblicato), sono finiti in un video amatoriale registrato da altri giovanissimi di Pompei, preoccupati del folle gesto del ragazzo, tanto da allertare i caschi bianchi. Un caso finito anche al centro di una relazione. Perché la versione raccontata dai ragazzi, che in un primo momento hanno provato a giustificarsi negando gli scatti, non ha mai pienamente convinto gli agenti. E ora quella stessa foto, soltanto una, è finita sul web.
Teresa Palmese