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Agerola. Indagini sulla morte all’ospizio. «Ridateci il nostro Matteo»
Monti Lattari
20 giugno 2019
Agerola. Indagini sulla morte all’ospizio. «Ridateci il nostro Matteo»
Elena Pontoriero

«Non cerchiamo colpevoli, la giustizia farà il suo corso. Noi vogliamo soltanto che venga dissequestrata la salma, per dare l’ultimo saluto al nostro Matteo». Così i familiari del 75enne che, sabato, è precipitato dal secondo piano della casa di riposo villa San Francesco.

Un dolore composto che non grida vendetta, ma che chiede soltanto di riabbracciare, per quanto sia possibile, il nonnino di Agerola. «Niente ci riporterà indietro il nostro parente. Neanche sapere se quel gesto è stato volontario o no. Abbiamo affidato Matteo alle cure di questo ospizio, pur sapendo che l’assistenza non poteva essere 24 ore su 24. Cioè non è che lo potevano tenere incatenato – evidenziano i familiari – Lui è rimasto qui ad Agerola, ha scelto di restare qui mentre noi figli siamo lontani, abitiamo altrove. La soluzione della casa di cura ci è sembrata idonea e per noi la cosa si conclude qui». Una indagine aperta, partita d’ufficio, ha comunque tirato dentro il parroco della chiesa di San Matteo a Bomerano, don Franco Sparano in qualità di direttore dell’ospizio e il medico della struttura G. Acampora difesi dall’avvocato Catello Di Capua e il secondo socio dell’ospizio C. Piscitelli, difeso dal legale Panariello. L’accusa per i tre è di concorso in omicidio colposo.

+++Leggi l’articolo su Metropolis in edicola o sulla versione digitale

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