Torre del Greco. Due anni e dieci mesi di reclusione per Stefano Abilitato e tre anni di carcere per Simone Onofrio Magliacano, in attesa di definire i filoni relativi all’evasione fiscale e alla frode sportiva. è racchiusa in due richieste di patteggiamento la resa dei colletti bianchi travolti dallo scandalo sul voto di scambio all’ombra del Vesuvio in occasione delle elezioni del 2018: alla scadenza dei termini per puntare su riti alternativi, l’ex golden boy di Forza Italia e lo spregiudicato commercialista di corso Avezzana – entrambi detenuti in carcere dalla vigilia delle elezioni europee dello scorso 25 maggio – hanno, infatti, deciso di alzare bandiera bianca e provare a chiudere tout court il proprio calvario giudiziario.
Attesa per l’udienza
Le istanze presentate dall’avvocato Francesco Maria Morelli e dall’avvocato Francesco Cappiello – rispettivamente difensore dell’ex consigliere comunale e legale dell’ex assessore al bilancio ai tempi del primo mandato da sindaco di Ciro Borriello – avrebbero già incassato il parere favorevole del procuratore aggiunto Pierpaolo Filippelli, a capo dell’inchiesta-bollente sulla cricca dei voti venduti a 20 euro. A breve sarà fissata la data per discutere davanti al gip del tribunale di Torre Annunziata la «congruità» del patteggiamento. Verosimilmente, il «giorno del giudizio» per Stefano Abilitato e Simone Onofrio Magliacano dovrebbe arrivare tra la fine del mese di ottobre e la prima metà del mese di novembre. In ogni caso, prima del 26 novembre, la data fissata per il giudizio immediato. Nel caso in cui le richieste di patteggiamento dovessero incassare il definitivo via libera dei magistrati, il broker con la passione per la politica potrebbe puntare a lasciare in tempi brevi la sua cella a Poggioreale e a ottenere (almeno) il beneficio degli arresti domiciliari. Diversamente, Simone Onofrio Magliacano potrebbe restare dietro le sbarre in attesa degli sviluppi relativi all’evasione fiscale – a settembre il commercialista è stato raggiunto da un decreto di sequestro patrimoniale per un importo complessivo di 225.000 euro – e alla frode sportiva contestata per la gara di calcio di promozione tra la «sua» Torrese e il San Sebastiano al Vesuvio. Restando al filone del voto di scambio, invece, la strada del patteggiamento è stata imboccata anche da Giuseppe Sdegno.
La cricca dei netturbini
Diversa la strategia processuale di Giovanni Massella e Ciro Massella – rispettivamente figlio e nipote del boss Ciro Montella, ucciso in un agguato di camorra a marzo del 2003 a Ercolano – ritenuti a capo della «squadra» di netturbini-precari messa in piedi dai due colletti bianchi per «controllare» alla corsa alle urne all’esterno dei seggi di corso Garibaldi: padre e figlio – assistiti dall’avvocato Giovanni Conte – punteranno sul rito abbreviato per strappare, in caso di condanna, lo sconto di un terzo della pena. Identica strategia processuale per Salvatore Loffredo, a oggi sottoposto a divieto di dimora in città.
Il pesce-piovra
Infine, Domenico Pesce – l’ex patron della Turris noto semplicemente come Mimmo, assistito dall’avvocato Massimo Loffredo – ha scelto il rito ordinario per provare a smantellare in udienza il castello accusatorio secondo cui, durante la campagna elettorale, avrebbe distribuito pacchi alimentari a vari gruppi di galoppini al servizio di diversi candidati a sindaco e al consiglio comunale. Sempre in aula si ritroveranno Vincenzo Izzo – il titolare della pescheria Don Do’, difeso di fiducia dall’avvocato Maurizio Toscano – e il meccanico Gennaro Savastano, assistito dall’avvocato Luisa Faraone Mennella. Entrambi devono rispondere di una presunta aggressione avvenuta in vico Agostinella.
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