Investimenti in società pulite in Italia e all’estero per riciclare il fiume di denaro provento del narcotraffico e degli altri affari illeciti. Le cosche di ‘ndrangheta sono proiettate da anni nel mondo della grande finanza ma non per questo rinunciano a riti arcaici tramandati nei decenni di generazione in generazione. Un connubio, quello di vecchi riti e nuove strategie, indissolubile. Che serve alla ‘ndrangheta a cementare i rapporti tra gli affiliati. E le cosche del vibonese – smantellate dai 334 arresti di stamani operati dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Vibo Valentia con il coordinamento della Dda di Catanzaro – non fanno eccezione. A casa di uno degli indagati, nel corso delle indagini, i carabinieri hanno trovato un pizzino con su scritto “A nome di Gaspare, Melchiorre, Baldassare e Carlo Magno che col suo cavallo bianco distrussero tutti i nemici del suo regno, con una mantella sulle spalle e a fianco uno spadino formarono il ‘trequartino'”.
Una frase arcaica che viene pronunciata da colui che viene promosso a “trequartino”, uno dei più alti gradi della “società maggiore” il vertice di una cosca. Ma non solo. Nel corso delle loro indagini, gli investigatori hanno anche documentato una riunione tra affiliati per stabilire il “mastro di giornata”, colui, cioè, incaricato di sovrintendere alle attività quotidiane del gruppo e di portare i messaggi. Ma al di là di questo aspetto, al limite del folklore, la ‘ndrangheta è ben altro. E’ l’organizzazione criminale unanimamente riconosciuta come la più potente e pericolosa oltre che, probabilmente, la più ricca grazie al traffico internazionale di droga gestito quasi in regime di monopolio grazie agli eccellenti rapporti instaurati con i narcos sudamericani. E l’inchiesta “Rinascita-Scott” non ha fatto altro che confermare questo assunto. Dalle indagini dei carabinieri è emersa l’ormai consolidata capacità di infiltrazione nell’imprenditoria, operata con meccanismi sempre più sofisticati grazie anche al contributo di professionisti collusi e dimostrata dalle numerose intestazioni fittizie e da svariate operazioni di riciclaggio svolte nel vibonese con l’acquisto di strutture turistico-alberghiere, bar, ristoranti, imprese alimentari e della distribuzione, e con investimenti nel settore immobiliare svolti da prestanome. Ma gli interessi delle cosche non si limitavano al territorio di appartenenza. A Roma le ‘ndrine hanno creato una rete di negozi di calzature e aperto una fabbrica attraverso un circuito societario facente capo a società di diritto britannico controllate da articolazioni dell’associazione, a San Giovanni Rotondo è stata acquistata una struttura turistico-alberghiera in società con imprenditori lombardi in difficoltà economiche mentre nel Regno Unito è stata creata una rete di società necessarie a riciclare il denaro sporco tramite operazioni commerciali.