La quantità di coronavirus presente nel naso e nella gola dei pazienti asintomatici può raggiungere livelli paragonabili a quelli dei malati con sintomi, rendendoli potenzialmente infettivi. Lo indica uno studio cinese condotto su 18 pazienti, di cui uno asintomatico. I risultati, pubblicati in una lettera al New England of Medicine, dimostrano che la quantità di virus raggiunge il picco subito dopo la comparsa dei primi sintomi, con livelli più alti nel naso che in gola.
È possibile essere negativi al test dopo avere avuto un’infezione da coronavirus SarsCoV2. Lo rileva Giorgio Palù, ordinario di Microbiologia e Virologia dell’ Università di Padova, dopo il caso del dipendente della Mae di Fiorenzuola d’Arda (Piacenza) attualmente isolato nell’ospedale Sacco di Milano, risultato negativo al tampone. Ci sono diversi motivi per i quali questo può accadere e al momento non ci sono elementi sufficienti per preferire un’ipotesi a un’altra, dice l’esperto.
“Come tutti i test, anche quello per il coronavirus è suscettibile al prelievo”, dipende cioè dal punto in cui è stato fatto il prelievo con il tampone, per esempio se dalla gola o dal naso. “E’ possibile che l’infezione sia passata dalle vie aeree superficiali a quelle profonde”, ha osservato l’esperto. Le ipotesi in campo sono comunque diverse e al momento non ci sono elementi per decidere quale sia la più valida. Non si può quindi escludere che “quando l’uomo ha fatto il test non aveva più virus rilevabile”, o che il contagio sia avvenuto dopo un contatto con un’altra persona o ancora in modo indiretto, per contato con oggetti esposti al virus.
Lo studio ha preso in esame 18 persone, 9 uomini e 9 donne, di età compresa fra i 26 e i 76 anni (età media 59 anni): quattro sono casi di trasmissione secondaria, di cui uno totalmente asintomatico. Per ogni paziente, le autorità sanitarie hanno rilevato la quantità di virus (carica virale) presente nel naso e nella gola eseguendo tamponi in vari giorni successivi alla comparsa dei sintomi. Per il soggetto asintomatico è stato fatto lo stesso, calcolando i giorni a partire dal contatto con un soggetto infetto. “L’analisi di questi dati ha dimostrato come la quantità di virus raggiunge il picco subito dopo la comparsa dei primi sintomi, con livelli più alti nel naso rispetto alla gola”, spiega il virologo Roberto Burioni con il collega Nicasio Mancini sul sito ‘Medical facts’. “I pazienti stanno ancora relativamente bene, ma hanno già livelli elevati di virus nelle prime vie respiratorie. Questo dato è drammaticamente diverso rispetto a quanti si osservava con la Sars, in cui il picco virale era raggiunto 10 giorni dopo la comparsa dei sintomi, quando il paziente stava già molto male o, nei casi più gravi, addirittura in rianimazione. E di conseguenza non poteva trasmettere l’infezione, se non a chi lo stava curando”. L’altro elemento importante che emerge dallo studio è la facilità con cui coronavirus si moltiplica anche nelle persone senza sintomi, risultando presente in quantità nelle mucose di naso e gola. “Una carica elevata di virus significa che una maggiore quantità di virus può, attraverso il muco o la saliva, raggiungere un individuo sano, ovvero che è più alta la possibilità di infettarlo”, spiegano gli esperti. “Questa probabilità è resa ancora maggiore dal fatto che livelli così alti sono raggiunti quando il soggetto infettato sta ancora relativamente bene (o addirittura non ha sintomi), ed è quindi ancora in contatto con gli altri, con il resto della società. Lo ripetiamo, quindi: questo studio dimostra senza ombra di dubbio che anche chi non ha sintomi può trasmettere l’infezione”.
Nature: La Cina tende a mascherare l’entità dell’epidemia
Critiche alla Cina di voler mascherare l’entità dell’epidemia del coronavirus arrivano dalla comunità scientifica attraverso il sito della rivista Nature: sotto accusa è la decisione di escludere dalle statistiche gli individui asintomatici positivi al virus SarsCov2. Gli esperti cinesi di salute pubblica ribattono che la priorità è tracciare i pazienti malati che stanno diffondendo la malattia. La decisione è dei primi di febbraio, quando le autorità della provincia di Heilongjiang, nel Nord-Est della Cina, hanno dichiarato che 13 persone, positive al virus con i test ma senza sintomi, erano state tolte dalla lista dei casi confermati. La decisione si basava sulle linee guida secondo cui vanno riportati solo i casi confermati e non quelli positivi. “Un test positivo non necessariamente indica che una persona è stata infettata dal virus”, rileva sul sito di nature l’epidemiologo capo dei Centri cinesi per il controllo delle malattie, Wu Zunyou. “I test di laboratorio di solito rilevano il materiale genetico del virus nella gola o nel naso, ma in alcune persone – aggiunge – le cellule virali potrebbero non essere entrate e aver iniziato a replicarsi”. Per l’esperto cinese non è chiaro se i portatori asintomatici del virus esistano: “è uno dei grandi interrogativi scientifici”. Un’affermazione che ha sollevato numerose critiche dal mondo scientifico: “un virus di solito deve replicarsi dentro l’ospite per risultare rilevabile”, rileva Angela Rasmussen, della Columbia University di New York. “Se il virus si trova nel naso di una persona ma non ha infettato alcuna cellula, dubito che questo tipo di esposizione sia rilevabile da un tampone nasale”. Per Ian Mackay, dell’università del Queensland di Brisbane, “omettere questi casi dal conteggio ufficiale dà l’impressione che il virus sia molto più grave”. Tra l’altro, “non conteggiare i casi asintomatici può creare difficoltà nel fare modelli epidemiologici per capire estensione e diffusione del virus”, senza contare il fatto che per ricostruire la catena di trasmissione si devono includere le persone asintomatiche, come, rileva Michael Mina, dell’università di Harvard.