È durato 18 lunghissimi giorni l’incubo della insegnante di Trecase – docente all’istituto comprensivo D’Assisi-Don Bosco, la scuola-focolaio di Torre del Greco – risultata positiva al coronavirus. La donna è rientrata nella sua abitazione, dove ha potuto finalmente stringere a sé i figli e il marito finora sentiti solo al telefono. In quell’abbraccio, si sono spente le tensioni accumulate durante il periodo di isolamento che hanno messo a dura prova tutti i componenti del nucleo familiare. A diffondere la notizia è stato il sindaco Raffaele De Luca, a margine del briefing operativo svoltosi nel bene confiscato di via Antonio Sciesa, sede della Protezione civile e del centro operativo comunale. La docente ora avrà bisogno di ulteriore margine di tempo per ritemprarsi prima di tornare alla vita impegnativa di prima.
Come ha vissuto questa esperienza?
“Con grande ansia. Sono stata una delle prime pazienti a essere ricoverata. All’inizio mi trovavo al terzo piano poi man mano che il numero dei degenti aumentava a ritmo vertiginoso sono finita al sesto. Avevo tanta paura, anche perché cominciavano a scarseggiare i respiratori con l’ossigeno. Per fortuna sono uscita dalla fase più critica ed oggi posso dire che il peggio è alle spalle”
È stata messa al corrente di quanto accadeva all’esterno della struttura?
“Quando ho saputo della morte del collega sono scoppiata in lacrime: è stata una botta tremenda. La mia guarigione ha lievemente attenuato il dolore di tutti per questa gravissima scomparsa”.
Cosa le resterà di questa “avventura”?
“Tutto. Vorrei approfittare della vostra testata per ringraziare il personale dell’Ospedale Cotugno di Napoli che è stato eccezionale. In modo particolare la dottoressa Costanza Sbreglia e una infermiera di cui ricordo solo il nome: Sara”.
Perché è legata al ricordo di Sara?
“Quando sono arrivata in ospedale non avevo praticamente nulla, al di fuori del vestito che indossavo e della borsa. La situazione è precipitata improvvisamente: non ho avuto nemmeno il tempo di organizzare un cambio o di portare lo spazzolino. Questa ragazza straordinaria si è attivata in maniera del tutto spontanea, consentendomi di affrontare e superare le difficoltà dei primi giorni. Poi dopo, grazie all’interessamento del sindaco di Trecase, gli operatori della protezione civile comunale mi hanno fatto avere tutto il necessario per la mia degenza”.
In che modo passava le giornate in ospedale?
“Trascorrevo il mio tempo fissando la parete bianca di fronte a me. Il pensiero correva ai figli e a mio marito, agli amici e colleghi di lavoro. All’improvviso nella stanza entravano medici e infermieri per fare i prelievi, ovviamente muniti di tutti i dispositivi di protezione. Attraverso la visiera riuscivo, comunque, a scorgere i loro occhi che mi hanno trasmesso sempre tanta fiducia”.
Cosa farà adesso?
“Per adesso i medici mi hanno prescritto dieci giorni di riposo assoluto. Mio marito dovrà, perciò, continuare a occuparsi delle faccende di casa e dei figli, come ha fatto finora, in maniera davvero encomiabile. È anche un ottimo cuoco e, dunque, mi godrò i suoi piatti accanto ai mie figli che hanno sofferto molto la mia assenza. Poi si vedrà”.
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