Torre del Greco. Si sono ritrovati a sostenere la maggioranza guidata da Giovanni Palomba a propria insaputa, catapultati sul carrozzone politico di palazzo Baronale senza neanche essere avvisati. I grandi sconfitti dell’inciucio Pd-Lega-FdI sono proprio i partiti, messi alla berlina da chi – in teoria – avrebbe dovuto garantire la «rappresentatività» in consiglio comunale. E ora costretti a correre ai ripari, tra raffazzonati «distinguo» e illusorie espulsioni dal nulla. L’ultima levata di scudi in ordine di tempo è arrivata dalle giubbe verdi di Matteo Salvini: i vertici regionali hanno preso le distanze dalle scelte di Luigi Mele e Mario Buono, messi alla porta – non espulsi perché formalmente mai passati con la Lega, con buona pace di passerelle e manifestazioni – a 96 ore dall’ufficializzazione del rimpasto. «Ai due consiglieri comunali auguriamo buon lavoro, ma su strade diverse», il laconico commiato all’ex assessore ai lavori pubblici di Ciro Borriello e all’imprenditore del settore delle pulizie.
La carovana civica
D’altronde, l’unica intuizione premiata dai fatti di Giovanni Palomba era arrivata alla vigilia del voto del 2018: «La nostra sarà una coalizione civica – l’imperativo dello storico figlioccio della Dc all’ombra del Vesuvio – senza i simboli dei partito». L’unica eccezione sarebbe stata riservata al Pd, se i vertici democrat – all’epoca guidati dal segretario cittadino Massimo Meo – fossero stati almeno capaci di presentare la lista. Così sostenitori e simpatizzanti del Pd – a partire da Gaetano Frulio e Vittorio Guarino, passando per Felice Gaglione e Iolanda Mennella – furono infiltrati in varie liste civiche, strappando uno scranno in consiglio comunale e un sorriso al consigliere regionale Loredana Raia. La prima a sfilare in corteo con Giovanni Palomba la sera della vittoria al ballottaggio contro Luigi Mele. Una scena sfuggita al solo Salvatore Romano, l’attuale segretario cittadino pronto a ribadire – all’indomani dell’inciucio di palazzo Baronale – come «il Pd è fuori dal Comune». Avesse detto fuori dal mondo, avrebbe scatenato meno sorrisi.
Il centrodestra a pezzi
Se Sparta (il centrosinistra) piange, Atene (il centrodestra) non ride. Prima delle precisazioni ufficiali sulle scelte dei leghisti-pezzotto Luigi Mele e Mario Buono, era toccato ai vertici locali di Fratelli d’Italia prendere le distanze dalle «sbandate» di Alessandra Tabernacolo: la storica esponente del partito di Giorgia Meloni è stata «costretta» a una smentita di facciata per non rischiare l’espulsione. Voterà atto per atto, secondo coscienza e in ossequio al mandato elettorale. Ma, intanto, partecipa alle riunioni della maggioranza di Giovanni Palomba. Senza simboli di partito, perché quelli ormai non servono.
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