Dalle prime ore di oggi la Polizia di Stato, su delega della Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia – sta eseguendo un’ordinanza di applicazione di misure cautelari nei confronti di oltre 40 persone, alcune ritenute appartenenti all’Alleanza di Secondigliano, altri pubblici ufficiali e imprenditori, coinvolti secondo le indagini nell’ alterazione di gare di appalto ospedaliere, estorsioni alle ditte operanti presso le predette strutture: servizio di trasporto ammalati, onoranze funebri, imprese di costruzione, imprese di pulizie.
Riguardano importanti strutture della zona ospedaliera di Napoli, vedono indagati anche sindacalisti e hanno portato all’arresto anche il boss del quartiere Vomero e suo figlio, le indagini che oggi ha portato alla notifica di oltre 40 misure cautelari nei confronti di pubblici ufficiali, imprenditori e presunti esponenti del cartello malavitoso denominato “Alleanza di Secondigliano”. Emerge dall’inchiesta sugli appalti condizionati in ambito ospedaliero e sulle estorsioni alle ditte che forniscono servizi in quel settore (trasporto ammalati, onoranze funebri, imprese di costruzione e di pulizie) condotta dalla Squadra Mobile e della Procura distrettuale antimafia di Napoli (pm Woodcock e Carrano). Tra gli arrestati il boss Luigi Cimmino, ritenuto il capo del clan camorristico del quartiere Vomero e nella zona collinare, il figlio Franco Diego e colui che viene ritenuto il suo braccio destro Andrea Basile. Misure cautelari anche nei confronti di sindacalisti e imprenditori, come Marco Salvati, titolare di un’associazione che si occupa di trasporti di infermi “La croce di san Pio”) e i Sacco, la cui impresa si occupa della refezione.
Alcuni dipendenti delle società impiegate per fornire servizi in ospedale che di svolgere la propria prestazione facevano da spia per la criminalità organizzata: in sostanza quando c’erano nuovi lavori in vista segnalavano la notizia ai clan. Si tratta di dipendenti di diverse ditte che si occupano di pulizie e altri servizi, ritenuti dagli inquirenti affiliati al gruppo malavitoso Caiazzo-Cimmino (detto “il gruppo del Vomero”) che, raccoglievano le tangenti sugli appalti per conto dell’Alleanza di Secondigliano. Emerge dall’inchiesta sugli appalti condizionati in ambito ospedaliero e sulle estorsioni alle ditte che forniscono servizi in quel settore (trasporto ammalati, onoranze funebri, imprese di costruzione e di pulizie) condotta dalla Squadra Mobile e della Procura distrettuale antimafia di Napoli (pm Woodcock e Carrano), che ha portato alla notifica, complessivamente, di 48 misure cautelati, in carcere per 36 persone; domiciliari per altre 10 persone e divieto di dimora in Campania per altre due persone. Tra le figure centrali figura anche Andrea Basile, protagonista di una estorsione ai danni di un imprenditore arrestato per corruzione, vittima di una richiesta estorsiva da 20mila euro, pagata in più tranche a Basile.
Pizzo “di sistema” da 400mila euro su un appalto da 47 milioni
C’è anche una tangente da 400mila euro per un appalto nell’ospedale Cardarelli di Napoli da 47 milioni, tra le estorsioni “di sistema” che sarebbero state messe a segno dal clan Cimmino del Vomero: emerge dall’inchiesta sugli appalti condizionati dalla camorra in ambito ospedaliero e sulle estorsioni alle ditte che forniscono servizi in quel settore (trasporto ammalati, onoranze funebri, imprese di costruzione e di pulizie) della Squadra Mobile e della Procura distrettuale antimafia di Napoli. Una tangente, però, che evidenzia anche una “fibrillazione” tra il boss Luigi Cimmino, suo figlio Franco Diego (oggi entrambi destinatari di una misura cautelare in carcere) e alcuni presunti esponenti del gruppo malavitoso.
L’estorsione vedrebbe vittima l’associazione temporanea di imprese composta dalla Cosap e dalla Co.Ge.Pa. aggiudicataria di un cospicuo appalto per la manutenzione straordinaria per l’adeguamento tecnologico di sei padiglioni del Cardarelli. L’episodio agli atti risale al settembre del 2017 ed è dedotto dall’intercettazione di una conversazione tra indagati “di caratura”: Andrea Basile, Giovanni Caruson e Alessandro Desio (tutti in carcere). Proprio quest’ultimo, parlando con Caruson, si lamenta del fatto che i soldi se li era presi il boss Luigi Cimmino. Desio parla con Caruson di un incontro con il figlio del capoclan: “…ha detto che il padre si sta facendo la galera e gli ho detto che pure noi ci siamo fatti la galera per il Vomero (inteso come il gruppo malavitoso, ndr) e che il padre non si deve rubare niente… sono andato a fare pure io il reato e pretendo i soldi miei… sono andato pure io là quando si è chiuso questo lavoro…” e ancora “…i soldi già se li sono presi , se li è presi Gigino (Luigi Cimmino, ndr) … circa 400mila euro… hai capito?”