Ventinove anni trascorsi invano, con la camorra dietro le tende di un palazzo dove le ombre bisbigliano e fanno affari, dove le poche luci che ardono son più flebili delle fiammelle ai piedi di una Madonna. Non c’è miracolo che possa salvare Torre Annunziata, non c’è speranza che possa germogliare nel terreno infame della collusione. Il giudizio è doverosamente impietoso: la stagione dei sindaci è stata un abbaglio, la questione morale un inganno declinato in una sfilza di sigle partitiche che hanno nascosto inadeguatezze, incompetenza, debolezza, ignoranza. Il Comune sciolto per condizionamenti mafiosi è un atto scontato alla luce dell’inchiesta dell’Antimafia che ha inchiodato le più alte cariche del municipio all’accusa di associazione camorristica. Una fotografia indegna che dietro quelli di sindaco, vicesindaco, presidente del consiglio e capo dell’ufficio tecnico ha una miriade di volti colpevoli del degrado istituzionale. Politica e camorra vivono a braccetto a Torre Annunziata. Banchettano e gozzovigliano a discapito di una città complice per silenzi, appiattimento culturale e strafottenza. Banchettano e gozzovigliano né più né meno di quanto facessero negli anni Ottanta, quando il ministro Mancino consegnò la sua relazione al presidente Ciampi con un sunto che a rileggerlo sembrano parole fresche d’inchiostro. Torre Annunziata come Castellammare di Stabia: chi rappresentava lo Stato è sceso a patti con la camorra. Due città accomunate da un passato politico glorioso, rosso sangue e pregno di slanci riformisti, da un futuro nero come la pece e da una gravissima emergenza democratica e sociale. Qui i boss son liberi e la politica è sempre meno credibile, ridotta a un patetico stuolo di vassalli e valvassori. Difficile essere ottimisti: tra 24 mesi saremo messi anche peggio serve una vera rivoluzione culturale.
CRONACA
6 maggio 2022
Torre Annunziata sciolta per camorra: tre decenni buttati via nel palazzo delle ombre