Sarno. Beni per milioni di euro acquisiti con la forza del clan egemone a Sarno e sul territorio dell’Agro Nocerino negli ultimi trent’anni. Un arricchimento avvenuto soprattutto con l’evento franoso del 5 maggio del 1998 quando persero la vita 137 persone a causa della colata di fango venuta giù dalla montagna.
Il pizzo alle imprese che si occupavano della ricostruzione sarebbe stato la materia prima dell’arricchimento della consorteria sarnese che poi reinvestiva i capitali illeciti in altre attività imprenditoriali. Ieri è scattato il maxi sequestro a carico di Aniello Serino conosciuto come ‘o pope, di sua moglie Venere Sirica e dei figli Michelina e Matteo.
I beni sottoposti a confisca sono quattro società di cui tre dedite al commercio ingrosso di animali vivi e alla coltivazione di frutti oleosi nonchè una sala scommessa con internet point.
E ancora 43 immobili e terreni tra cui fabbricati e box auto per un valore di circa 2 milioni di euro e infine 18 rapporti bancari direttamente o indirettamente riconducibili ai Serino padre, moglie e figli. Il provvedimento definitivo firmato dai giudici del Tribunale di Prevenzione di Salerno ed eseguito ieri dai carabinieri del comando provinciale su richiesta dell’Antimafia rappresenta la naturale evoluzione di un’approfondita e mirata attività investigativa condotta sempre dalla Sezione Anticrimine dei carabinieri salernitani che aveva permesso di ipotizzare come Matteo Serino, in un periodo di transizione derivante dallo stato di detenzione del proprio genitore, avesse assunto la direzione della consorteria criminale capeggiata da suo padre Aniello ‘o pope, egemone prevalentemente sul territorio di Sarno.
Per l’Antimafia salernitana, pubblici ministeri Giancarlo Russo e Marco Colamonici, la consorteria criminale avrebbe incrementato incrementato la propria operatività, in concomitanza al noto e tragico evento franoso che il 5 maggio 1998 che aveva interessato il comune di Sarno.
Secondo la ricostruzione degli investigatori che si sono avvalsi di denunce e testimonianze i Serino erano dediti alle estorsioni nei confronti delle imprese deputate allo svolgimento di opere pubbliche derivanti dall’attività di ricostruzione del post frana. In tale contesto l’organizzazione aveva reinvestito i proventi illeciti in diverse attività imprenditoriali quali, ad esempio, il controllo e la distribuzione, su un’ampia porzione del territorio della provincia a nord di Salerno delle macchinette “videopoker“.
Dopo il sequestro è scattata anche l’accusa di intestazione fittizia di beni per evitare l’aggressione da parte dello stato al patrimonio illecitamente costruito in questi ultimi decenni.