«Il 78% delle abitazioni italiane è esposto ad un rischio alto o medio alto tra dissesto idrogeologico e rischio terremoto». In particolare, «è esposto ad elevato rischio idrogeologico il 55% delle abitazioni italiane, più precisamente il 19% con un rischio alto, il 36% medio-alto, il 33% medio- basso e solo il 12% con un rischio basso».
Molte delle situazioni considerate a rischio si concentrano anche in Campania e, ovviamente, nella provincia sul di Napoli e in quella di Salerno. La zona rossa ai piedi del Vesuvio rappresenta un nodo centrale della questione da anni, senza che sia mai stata trovata una soluzione concreta per la messa in sicurezza della popolazione.
Stessa fotografia allarmante si vive in molti dei Comuni della zona dei Monti Lattari e della Penisola Sorrentina, alla quale s’aggiunge una situazione di perenne instabilità in alcune aree dell’agro nocerino sarnese e della Costiera Amalfitana.
Antonio Coviello, esperto dell’Istituto di Ricerca su Innovazione e Servizi per lo Sviluppo del Consiglio Nazionale delle Ricerche, nonché e professore di Marketing Assicurativo nell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli mette spiega che la situazione di instabilità e di rischio si aggraverà con il cambiamento climatico in corso.
Una evoluzione che sta colpendo il Paese con ondate di caldo e inondazioni, ovvero eventi meteorologici estremi tra cui forti piogge, grandine e tornado più che quadruplicati, da 348 nel 2011 a 1.602 nel 2021. Alluvioni, frane e terremoti si verificano in Italia più frequentemente di qualsiasi altro pericolo naturale. I principali fattori di rischio «sono le inondazioni improvvise, le piene dei fiumi e le colate di fango».
Negli ultimi anni «si sono verificate inondazioni e smottamenti su piccola scala, ma la loro frequenza crescente in rapida successione ha portato a notevoli danni cumulativi alla proprietà e alla perdita di vite umane».
Il numero di morti in seguito alle calamità naturali dal ventesimo secolo «è dovuto soprattutto agli eventi estremi di terremoti (52%) e alluvioni (30%)». ricorda Antonio Coviello. Gli eventi meteorologici «nel 2021 hanno provocato danni assicurati stimati in 105 miliardi di dollari, il quarto valore più alto dal 1970, secondo i dati preliminari pubblicati».
Insomma «si conferma la tendenza di lungo termine all’aumento, in media del 5-7% l’anno, dei danni assicurati conseguenti a eventi catastrofali», dice Coviello. E particolare importanza nel trend di crescita assumono i fenomeni di alluvione. Negli ultimi 20 anni si è registrato un aumento dei sinistri assicurati causati da tali eventi per un totale di quasi 140 miliardi di dollari. «Il principale motivo dell’aumento è l’accumulo di esposizione connesso alla crescita economica e all’urbanizzazione » spiega il ricercatore. «Tuttavia, giocano un ruolo rilevante molti altri fattori, come l’invecchiamento o la mancanza di infrastrutture per il controllo delle alluvioni, l’impermeabilizzazione del suolo nelle aree urbane, l’aumento delle precipitazioni dovute ai cicloni tropicali e gli effetti del cambiamento climatico». L’incremento dei disastri naturali e delle relative perdite «è dunque evidente, ma delle perdite totali di 280 miliardi nel 2021, solo 119 miliardi godevano di una copertura assicurativa», avverte Coviello.
Il nostro territorio è particolarmente esposto a calamità naturali, il che rende necessaria l’allocazione di un’elevata quantità di capitale per sviluppare soprattutto l’attività assicurativa in questo campo. Tuttavia, dai dati forniti dall’Ania (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici) l’incidenza percentuale delle unità abitative assicurate contro il rischio catastrofi naturali a livello nazionale è pari al 4,9% dei 31,2 milioni di abitazioni esistenti censite dall’Istat. Una percentuale che al Sud è pari all’1,6%.