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Castellammare. Respinto il ricorso contro lo scioglimento per camorra: ecco tutti i motivi
CRONACA
17 aprile 2023
Castellammare. Respinto il ricorso contro lo scioglimento per camorra: ecco tutti i motivi
Tiziano Valle

L’amministrazione guidata dall’ex sindaco Gaetano Cimmino  esprimeva verosimilmente un «pericolo di soggezione alla criminalità organizzata» e quindi di potenziale «condizionamento». E’ quanto si legge nella sentenza del prima sezione del Tar del Lazio, che ha respinto il ricorso contro lo scioglimento del consiglio comunale presentato dall’ex primo cittadino e da 18 amministratori, tra assessori e consiglieri comunali che hanno fatto parte dell’amministrazione di centrodestra. Il Tar ricorda che pur non essendoci responsabilità tali da giustificare l’azione penale nei confronti degli ex amministratori, lo scioglimento del Comune per camorra è un provvedimento di natura «preventiva» e che Prefettura e Ministero dell’Interno hanno «ampio margine di discrezionalità nella ponderazione degli elementi indiziari, circa i collegamenti diretti e indiretti». A pesare sulla decisione di sciogliere il consiglio comunale di Castellammare per camorra dunque sono state: «Le varie operazioni di polizia giudiziaria sfociate anche nella applicazione di misure cautelari; il rilevato palesato sostegno elettorale, confermato dalle risultanze giudiziarie, di esponenti della locale criminalità in favore di taluni candidati che facevano parte della lista che sosteneva l’organo di vertice dell’ente (il riferimento è alle intercettazioni telefoniche tra il boss Sergio Mosca e l’imprenditore Gerardo Delle Donne, in cui si faceva riferimento alla possibilità di garantire voti a Michele Serrapica candidato tra le file di Forza Italia alle elezioni del 2018); la riscontrata rete di rapporti parentali e di frequentazioni che esisteva da taluni amministratori e esponenti delle locali consorterie; la partecipazione del primo cittadino quale testimone di nozze al matrimonio di un soggetto legato a locale famiglia mafiosa e la presenza in seno al consiglio comunale di amministratori gravati da legami con i medesimi esponenti dei clan camorristici». A questo, ricordano i giudici del Tar bisogna aggiungere «i coinvolgimenti in procedimenti penali di personale amministrativo dell’ente, la carente strutturazione delle procedure di gara, anche sotto il profilo dell’acquisizione della documentazione antimafia; l’avvenuto pagamento effettuato in favore di una società destinataria di un provvedimento interdittivo e l’affidamento di commesse in via diretta e senza rotazione». Tutti elementi che secondo i giudici del Tar hanno generato: «L’impressione d’assieme di un comune fortemente esposto all’illegalità e al condizionamento criminale, alla luce della applicazione del ridetto criterio del “più probabile che non”, il quale sorregge il giudizio di inferenza posto in essere dall’amministrazione». Ricordando che «lo scioglimento del consiglio comunale ha funzione preventiva ed anticipatoria e non sanzionatoria».

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